Selezione all’ingresso

Autonomia differenziata, famiglie povere e studenti del Sud in fuga dalle università: il gap che rischia di svuotare gli atenei

Il divario nella condizione sociale ed economica incide sulle scelte degli studenti. Ma è il Centro a trainare le iscrizioni (che sono il 57%) davanti al Nord. Nel Mezzogiorno sceglie di proseguire il 47,4% dei neo diplomati: la Calabria, però, è in controtendenza

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di Pablo Petrasso
2 settembre 2024
06:15

C’è un altro pezzo del divario Nord-Sud che riguarda la scuola ed è, forse, meno conosciuto. Oltre alla carenza di strutture – mense e palestre in primis –, esiste una “selezione all’ingresso” che riguarda le università.

È legata alla condizione sociale ed economica delle famiglie di origine degli studenti e ha una matrice territoriale che un recente approfondimento di Openpolis si incarica di raccontare. Un altro gap che potrebbe peggiorare con l’entrata a regime dell’Autonomia differenziata e l’ampliamento dei divari territoriali. Con il Sud sempre più povero, le condizioni delle famiglie potrebbero rendere complicata l’iscrizione agli atenei secondo un trend i cui effetti si vedono già adesso.


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Nuovi dati mostrano come, in uscita dalla pandemia, la situazione economica del nucleo familiare continui a influenzare profondamente la possibilità di immatricolazione all’università. Lo studio utilizza anche i dati più recenti rispetto ai diversi tassi di iscrizione nel Paese, da Nord a Sud.

Le iscrizioni all’università dei neodiplomati sono il cuore di questo divario, con qualche eccezione. I dati: nel 2022 il 51,7% dei giovani neo-diplomati si è iscritto all’università. Una quota che sul territorio nazionale varia dal 57% del Centro Italia al 53,5% del Nord, e scende sotto la metà del totale nel Mezzogiorno (47,4%).

Tra le regioni quelle agli ultimi posti sono tutte meridionali. Si tratta di Campania (39,2%), Sicilia (49,6%), Sardegna (51,5%) e Calabria, quest’ultima con un dato analogo a quello veneto (52,3%). Numeri che offrono un panorama chiaro delle scelte dopo la scuola dei diplomati nelle diverse aree del Paese.

L’indagine scende anche a livello locale e mostra che 6 province oltre il 60% delle ragazze e dei ragazzi si è iscritto all’università nel 2022. Si tratta di Isernia (66,7%), L’Aquila (62,6%), Teramo (62%), Parma (61,8%), Trieste (61,2%) e Pescara (60,3%). Al contrario in circa un territorio su 5 i neodiplomati iscritti all’università rappresentano meno della metà del totale.

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Agli ultimi posti, a parte Bolzano che sconta l’attrazione delle università austriache, troviamo la provincia di Salerno (36,5%) e la città metropolitana di Napoli (38,6%). Si tratta degli unici territori che non arrivano alla soglia del 40%. Poco sopra questa soglia anche Sondrio (40,4%), Caserta (41,8%), Benevento (43,2%), Avellino (44,2%) e Agrigento (44,7%).

Questi i dati delle province calabresi: Cosenza 53,5%; Crotone 52,7%; Catanzaro 54,7%; Vibo Valentia 51%; Reggio Calabria 49,7%. Regione più vicina alle medie del Nord che a quelle del Mezzogiorno, dunque, anche se in questo caso il divario in positivo lo marca il Centro del Paese.

Che il dato calabrese sia un’eccezione rispetto al resto del Meridione lo conferma un altro numero: tra le 24 province in cui meno del 50% degli studenti si iscrive all’università, oltre la metà (14) si trovano nel Mezzogiorno.

Il divario, a dire il vero, emerge prima dell’università. «In molti casi infatti – evidenza Openpolis – la selezione in base alla condizione economica del nucleo è avvenuta prima. È ancora l’indagine sulla condizione di bambini e ragazzi pubblicata lo scorso maggio dall’Istat a indicarlo. Ad esempio, la scelta di andare al liceo dopo la terza media appare fortemente condizionata dal reddito familiare. La condizione economica della famiglia sembra avere un ruolo importante nel determinare gli orientamenti scolastici dei ragazzi».

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Il 60,3% di coloro che ritengono che la situazione della propria famiglia sia molto buona intende andare al liceo, mentre manifesta lo stesso orientamento solo il 34,8% degli studenti che dicono di avere una situazione economica familiare non molto o per niente buona. Per questi ultimi risulta relativamente più elevata la quota di coloro che vogliono proseguire gli studi in un istituto professionale: il 15,6% contro il 5,3% di chi ritiene di avere una situazione economica molto buona.

Sono dati che fanno supporre che la decisione di non andare all’università sia in realtà avvenuta molto prima dei 18-19 anni. Questa scelta è probabile che in molti casi sia compiuta già alle medie, per ragioni che potrebbero riguardare più la condizione della famiglia che l’effettivo potenziale di ragazze e ragazzi. Ragioni che le differenze socio-economiche tra il Nord e il Sud del Paese, acuite dall’Autonomia differenziata, potrebbero rendere ancora più solide.

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