"Fissa il tuo cane negli occhi e prova ancora ad affermare che gli animali non hanno un’anima". (Victor Hugo).

Ma cosa succede quando si perde uno di famiglia? Deve essere terribile. «Il fiato si spezza nonostante il tempo. Passano i giorni, si accumulano cose nuove ma il dolore resta. A volte si riescono ad assaporare scampoli di luce, in cui pare quasi vero l'assunto che il tempo aggiusta le cose. Poi, all'improvviso, basta una scena, un vecchio collare, la ciotola abbandonata in un angolo, e il pianto torna a graffiarti la gola. Smettere di piangere è impossibile».

Salvatore Conaci è un giovane colto, sensibile docente e soprattutto affermato scrittore. È di Girifalco (Catanzaro) dove vive con la moglie e la loro adorata bambina. E l’altro splendido cane: Magor. Ma non sa darsi pace per l’improvvisa morte dell’adorata Roccia.

Quando muore il tuo cane, muore qualcosa in te e un pezzo di te lo segue, muore con esso. Ti viene da piangere e non lo nascondi. «Perché nasconderlo? Il pianto ha una sua funzionalità, una sua dignità. Ha la sua complessa bellezza, il pianto. È liberatorio. Perché, quando il tuo cane ti lascia, sono troppe le cose di cui devi liberarti. Lo hai portato con te che era uno scricciolo, ti sei preso cura di lui, hai passato anni (a volte gli anni più belli) a scambiare amore con lui. Quando ti lascia, il vuoto è angoscia pura. È tristezza inconsapevole».

Pablo Neruda adorava i cani. Erano i suoi migliori amici. “Ahi quante volte volli avere coda”, si legge in un suo poema.
Ma cosa è successo all’uomo? Quasi improvvisamente si specchia nel suo cane. «Mi hai riportato alla memoria la struggente poesia di Neruda, "Un perro ha muerto" (resa poi in italiano con "Il mio cane è morto"), dalla quale traggo questo messaggio su tutti: un giorno, ci rincontreremo lì dove lui è stato sotterrato. La morte può avere questa grande preziosità: farci rincontrare. D'altronde, il primo uomo seppellito col suo cane è vecchio circa 15mila anni. Pensa un po' quant'è lunga questa storia d'amore, tra noi e questi esseri meravigliosi».

Un mio amico ha voluto il suo cane a fianco nel giorno del suo matrimonio. Neruda quando sposò la scrittrice cilena Matilde Urrutia, ha avuto come unico testimone di nozze il suo cane Nyon. La cagnolina Roccia non c’è più. Ora c’è un grande vuoto nella famiglia di Salvatore.

Con il suo primo romanzo "Cosa accadde davvero a Evie Benson" il successo è stato clamoroso, tanto da arrivare in finale al Premio Letterario Internazionale Dostoevskij, ottenendo la menzione speciale di merito. Per più di un anno è stato nella top 100 dei thriller di Amazon, e si è ritagliato un suo spazio in TV e radio sia locali che nazionali. Intanto in famiglia era già arrivata Roccia, per la gioia di tutti. «È arrivata a casa nostra nel 2018, da un allevamento siciliano. Era così bella: avresti dovuto vederla. Era elettrica, scattante, veloce e agile come pochi altri cani mai visti. E la sua dolcezza infinita! Ci siamo goduti il suo amore per soli cinque anni».

Poi purtroppo la scoperta di un male incurabile che rapidamente l'ha portata via. «Solo quello poteva portarci via un carrarmato come lei. Era forte, la mia Roccia. Da vero boxer, era una forza della natura. Ma la natura, a volte, ha le sue leggi per noi incomprensibili».

Uno studio italiano ha scientificamente dimostrato che i cani soffrono per la scomparsa di un loro simile. Allo stesso modo dei proprietari
«Il cane è empatico. Chi i cani li alleva e li vive, impara subito a comprenderlo: è il primo animale della storia a scegliere l'Uomo come compagno di viaggio».
Salvatore Conaci è un amante dei libri, oltreché dei cani: «Scrivo perché ho passato la maggior parte del mio tempo a leggere, e leggere mi ha suggerito che avevo qualcosa da raccontare anche io. E sì, a volte queste mie passioni - le lettere e i cani - s'incrociano».

E dopo il grande successo del primo, ecco l’atteso secondo volume: «Il mio nuovo romanzo, per esempio, lo scrivo spesso col mio Magor accanto. Un boxer maschio di 45 chili, che sbuffa, si stiracchia, e a volte pigia la tastiera per migliorarmi il testo».

“I cani muoiono. Ma i cani vivono anche. Vivono fino alla morte. Vivono vite coraggiose e belle. Proteggono la nostra famiglia. Ci amano. Rendono le nostre vite più luminose. E non perdono tempo con la paura del domani” (Dan Gemeinhart)