La sentenza della Cassazione sulla vicenda avvenuta tra la Calabria e la Puglia rischia di diventare un escamotage per disfarsi dei propri animali e rimanere impuniti
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Disfarsi di animali d’affezione, fingendo di averli persi, e rimanere impuniti. Potrebbe creare un precedente di non poco conto, la paradossale vicenda emersa con la sentenza della terza Sezione penale dalle Cassazione che ha annullato «senza rinvio» la condanna di un uomo, residente in Puglia, accusato di aver abbandonato il cane nel Cosentino nel luglio 2020. L’animale, recuperato dalla strada, era stato condotto in canile. Il proprietario, una volta rintracciato, tuttavia non era mai andato a riprenderlo senza incorrere in gravi provvedimenti giudiziari. La vicenda viene raccontata da “Il Messaggero”. In base a quanto stabilito dai giudici della Suprema Corte, il reato di abbandono di animale non si configura «in caso di mancato ritiro del cane dal canile municipale» anche in assenza di denuncia di smarrimento. In questa ultima ipotesi potrebbe incorrere soltanto in un illecito amministrativo.
La difesa dell’imputato e la prima condanna
Nell’ambito del processo, l’imputato aveva spiegato che l’animale era solito uscire e allontanarsi da casa e non era mai stato nel paese cosentino dove il cane era stato ritrovato. Grazie alla lettura del microchip, era stato possibile contattare il proprietario che, anziché correre a riabbracciare la bestiola, in un primo momento aveva spiegato agli operatori di «trovarsi nell’impossibilità materiale di effettuare il ritiro, inizialmente - si legge nella sentenza - a causa dei limiti imposti agli spostamenti da una regione all’altra dalla normativa in tema di emergenza pandemica, e successivamente a causa delle gravi condizioni economiche nelle quali versava, dovute all’interruzione dell’attività lavorativa». Tradotto: dichiarava di non avere le possibilità di pagare le rette mensili al ricovero comunale che aveva tenuto in custodia il suo cane per un anno. Le spiegazioni non avevano però convinto il Tribunale di Castrovillari che lo avevano condannato per abbandono di animale tenendo in considerazione sia la mancata denuncia di smarrimento, sia il mancato ritiro dal canile.
L’assoluzione in Cassazione
Sentenza ribaltata dalla Cassazione. I giudici hanno accolto il ricorso e annullato senza rinvio la sentenza «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, avendo solo potenziale rilevanza amministrativa». L’omessa denuncia di smarrimento è punita dalla Puglia, Regione di residenza dell’imputato, con una sanzione dai 150 ai 450 euro. Inoltre, «non integra il reato di maltrattamento di animali, nemmeno sotto la forma dell’abbandono - si legge nella sentenza della Suprema Corte - la consegna di un cane presso le strutture comunali di ricovero preposte, atteso che gli animali ricoverati non possono essere soppressi né destinati alla sperimentazione, e che agli stessi nell’attesa della cessione ai privati vengono assicurate le necessarie prestazioni di cura e custodia». Il reato, stando a quanto sostenuto dagli Ermellini, si configura solo se «il proprietario abbia affidato il proprio cane a un canile privato».