La tarda primavera e l’ estate rappresentano il  periodo  in cui si riproduce  la  caretta caretta , l’unica specie  di tartaruga marina che nidifica in Italia . La Calabria rappresenta la regione che ospita il  maggior numero di nidi rispetto al resto del Paese. Proprio allo scopo di monitorare e tutelare i siti di riproduzione, il Wwf sta portando avanti un progetto di ricerca, denominato tartamar, finanziato dalla Regione nell’ambito del por 2014-2020 e che vede impegnati sul campo volontari, biologi e naturalisti.

 

È noto infatti che le femmine di caretta caretta, per riprodursi, debba uscire dall’acqua con il buio, per trascinarsi faticosamente sulla spiaggia, scavare una buca  nella sabbia e deporre le uova che possono superare abbondantemente le cento unità.  Questo – rimarcano i volontari in una nota stampa – è il momento più delicato ed eventuali disturbi provocati da luci, flash e la presenza di persone può far desistere la tartaruga dal suo intento, vanificando così ogni sforzo. In due casi, uno sullo Ionio a Crotone e l’altro a Longobardi, nel Cosentino, la voglia di immortalare la presenza di un animale che certamente attira l’attenzione, con fotografie scattate dai cellulari, con le luci accecanti dei flash e con la presenza di decine e decine di curiosi, ha comportato il fallimento, almeno  temporaneo, del tentativo di nidificazione. 

 

Pur comprendendo le intenzioni certamente non malevole  dettate dalla curiosità e dalla voglia di scattare il solito selfie da mandare agli amici, il Wwf ricorda di evitare questi comportamenti per permettere alla tartaruga di terminare la sua “missione riproduttiva”: «È opportuno, nel caso se ne avvisti una, mantenersi a debita distanza , evitando nel modo più assoluto di disturbarla con luci, o addirittura toccarla, spingerla, abbagliarla, specialmente nel momento dell’emersione e della deposizione delle uova». L’avvistamento di una femmina in procinto di fare il nido deve essere anzi segnalato  al gruppo Wwf più vicino  o alla Guardia costiera che, a seconda della zona , provvederà  ad informare il  nucleo operativo di ricerca autorizzato dalla regione e dal ministero dell’ambiente ad  intervenire per mettere in sicurezza il nido fino alla schiusa delle uova, all’incirca due mesi dopo la deposizione. «Solo così – concludono i volontari - si può essere certi di avere dato alle tartarughe marine  una speranza di sopravvivenza».