Verso la sentenza - «Ma quale stress da Covid, ha ammazzato brutalmente mia figlia», parla il padre della ragazza uccisa dall’infermiere calabrese De Pace - Notizie
L’appello di Vincenzo Quaranta alla Corte d’appello di Reggio Calabria che deciderà sulla richiesta di 24 anni di carcere per Antonio De Pace: «Lui la sera usciva, giocava con la Play. E ora potrà rifarsi una vita? La pena giusta sarebbe l’ergastolo»
di Redazione Cronaca
«Già da piccola era la colonna della casa e aveva il suo obiettivo che era la medicina. Mi affido alla Corte di Reggio Calabria, ai giudici popolari, alla presidente che è una donna, mi affido a loro per avere giustizia, per mia figlia e per tutte le donne». A parlare è Vincenzo Quaranta, papà della ventisettenne Lorena brutalmente assassinata dal suo fidanzato Antonio De Pace, il 21 marzo 2020 a Furci Siculo, nel messinese nella loro casa. Intervistato da Maria Grazia Mazzola per TV7, speciale del Tg1, il papà ripercorre la vicenda giudiziaria che ha portato la Cassazione, dopo 4 anni e mezzo dal femminicidio, a chiedere un nuovo processo per l'infermiere assassino, condannato in primo grado dalla Corte d'Assise d'Appello di Messina all'ergastolo, al fine di considerare tra le attenuanti “lo stress da Covid”.
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La Procura generale di Reggio Calabria ha quindi chiesto 24 anni di carcere. La sentenza è attesa per il 27 settembre. «Non era né malato mentale, né c'era alcuno stress. La sera lui usciva: ci sono tutti i WhatsApp, andava a giocare con la Play. La pena è che deve uscire e rifarsi la vita? E la vita che ha tolto?- incalza papà Quaranta- la giustizia deve dare una risposta. Voi donne lottate, ma la giustizia si deve fare».
Lorena e il suo fidanzato convivevano, gli ultimi messaggi trovati sul cellulare della giovane denunciano comportamenti violenti: i pugni al vetro della macchina, «il senso di inferiorità» che lui sentiva, come ricostruisce il padre di Lorena, per essere infermiere e non medico.
«Lei lo incoraggiava in tutto - ricorda - ha fatto tutto per lui». La tesi di Lorena "era già pronta" e anche lei come la povera Giulia Cecchettin la laurea la conseguirà da morta. Un parallelismo tra le due storie: uomini che coltivano rancore, che non si sentono all'altezza: «Perché spesso non accettano che le donne abbiano una posizione più avanzata e questo può appartenere a ogni categoria sociale», denuncia il Procuratore della Repubblica di Tivoli, Francesco Menditto, intervistato da Mazzola.
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Lorena Quaranta è stata strangolata, «lui ha stretto il collo per più di 3-4 minuti con furia ed efferatezza», spiega l'avvocata della famiglia, Cettina La Torre. E poi le ha scagliato una lampada sul volto «fino a spezzarle i denti, mia moglie è svenuta quando siamo entrati nella casa dissequestrata», dice papà Vincenzo. «Hai tolto qualcosa di bello alla famiglia, alla società, alla Nazione - denuncia Vincenzo Quaranta alla fine dell'intervista di Mazzola per lo speciale “Uomini o criminali” - la vera pena è l'ergastolo, per Lorena e per tutte le donne. Dove cammina una donna - dice ancora questo papà - dovete stendere un tappeto rosso, rispettarla, rispettate le donne e i bambini».