’Ndrangheta - Processo Maestrale, la collaboratrice di giustizia racconta il potere dei Pititto a Mileto: «Una talpa li informava delle inchieste» - Notizie
La deposizione di Oksana Verman svela anche il viaggio fatto a Villa San Giovanni per incontrare il boss ricoverato in clinica
di Giuseppe Baglivo
Ospitalità ai latitanti, contatti mantenuti via telefono anche con chi si ritrovava ristretto agli arresti domiciliari e “talpe” tra le forze dell’ordine per sapere in anteprima il coinvolgimento in inchieste della magistratura. La deposizione della collaboratrice di giustizia Oksana Verman è proseguita nel maxiprocesso nato dalle operazioni Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia. “Ricordo di aver ospitato una volta nel mio appartamento di Vibo – ha ricordato la Verman rispondendo alle domande del pm Annamaria Frustaci – un tale Gaetano, che Salvatore Pititto mi disse era Gaetano della montagna. Non mi indicò il cognome ma io lo vidi in viso. Gaetano si chiuse in una stanza dell’appartamento dopo aver fatto una doccia e io in un’altra stanza, sin quando un giorno Salvatore Pititto, con il quale avevo una relazione, mi disse che dovevo per una sera abbandonare l’appartamento poiché doveva parlare con Gaetano. Mi disse che questa persona era latitante e si stava guardando”. Oksana Verman non ha saputo indicare il cognome, ma nelle foto mostrate in aula durante l’esame ha riconosciuto la persona ospitata a casa sua in Gaetano Emanuele, esponente di spicco dell’omonimo clan delle Preserre e fratello del boss Bruno Emanuele (che sta scontando la pena dell’ergastolo).
La donna ha poi riconosciuto in foto Domenico e Rocco Iannello, indicato come cugini di Salvatore Pititto e dediti al narcotraffico. “Ho conosciuto Domenico Iannello nel 2012 durante una cena, mentre Rocco Iannello frequentava casa mia sin dal 2002. Ho sentito diverse volte parlare di affari con la droga fatti da Salvatore Pititto con Domenico Iannello che la rivendeva in Sicilia per conto di Pititto”. Domenico e Rocco Iannello, di 47 e 49 anni (riconosciuti anche in foto dalla collaboratrice) figurano tra gli imputati quali “partecipi attivi del locale di ‘ndrangheta di Mileto in quanto appartenenti alla ‘ndrina di San Giovanni”.
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Oksana Verman ha quindi spiegato al Tribunale di Vibo Valentia di aver conosciuto anche “Francesco Fiarè, il dentista, figlio di Filippo Fiarè di San Gregorio d’Ippona. Ho lavorato come donna delle pulizie per Francesco Fiarè e a presentarmelo è stato Salvatore Pititto. Mi disse che apparteneva ad una famiglia importante di San Gregorio d’Ippona e che in tale paese erano i Fiarè a comandare. Salvatore Pititto con Francesco Fiarè si occupava anche di droga”. Francesco Fiarè, alias “il dentista”, 44 anni, di San Gregorio d’Ippona, è imputato per il reato di associazione mafiosa e concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Le notizie sulle indagini in mano ai clan
Oksana Verman è quindi passata a raccontare dell’esistenza di presunti infedeli tra le forze dell’ordine, pronti a passare informazioni riservate ai clan. “Antonio Grillo aveva qualcuno che lo informava delle indagini e a sua volta raccontava tutto a Salvatore Pititto. Un’altra volta sono stata invece io stessa contattata da Nicola Fiarè, fratello di Filippo Fiarè, il quale mi disse di stare attenta perché c’ero pure io dentro. Io non capivo e chiedevo spiegazioni, ma lui aggiunse solo che qualcuno aveva avvisato di ciò sia lui che Salvatore Pititto”. Il riferimento è all’inchiesta Stammer del 2017 che ha visto il coinvolgimento sia di Salvatore Pititto che della Verman. Antonio Grillo figura invece tra gli imputati di Maestrale, a differenza di Nicola Fiarè che in passato è stato prescritto nell’inchiesta nata dall’operazione “Rima”.
I messaggi tra i cugini Pititto
Dopo aver spiegato che a San Giovanni a comandare sarebbero stati i Pititto, mentre a Mileto sarebbe stata attiva la famiglia Mesiano specializzata nella distribuzione del pane ai negozi della zona, Oksana Verman si è soffermata sulla figura di Pasquale Pititto. “Si trovava sulla sedia a rotelle dopo un agguato e Salvatore Pititto mi disse che suo cugino era il capo del gruppo di San Giovanni. Uscito dal carcere per ragioni di salute nonostante la condanna all’ergastolo, per un periodo è stato ricoverato in una clinica a Villa San Giovanni dove ho accompagnato Salvatore Pititto che doveva incontrare il cugino. Una volta arrivati davanti alla clinica – ha ricordato la Verman – io sono rimasta in auto, mentre Salvatore Pititto è entrato nella clinica per incontrare Pasquale e al ritorno ricordo che mise in macchina un bigliettino dove suo cugino gli aveva segnato tutte le cose da fare. In ogni caso Pasquale e Salvatore Pititto si messaggiavano continuamente via telefono e quando Pasquale si trovava ai domiciliari a San Giovanni di Mileto, suo cugino Salvatore andava sempre a trovarlo a casa”.
Tra gli affari in comune tra i due cugini, le estorsioni ai commercianti e alle varie ditte impegnate nei lavori pubblici. “Salvatore Pititto cercava soldi ai negozianti, specie nei periodi di Pasqua e Natale e per indurli a pagare mi raccontava che posizionava cartucce e benzina dinanzi alle serrande delle attività commerciali. Un’altra volta ha invece incendiato i camion che raccoglievano la spazzatura”. Salvatore Pititto sarebbe però stato dedito anche all’usura. “I soldi li vendeva – ha concluso la Verman – nel senso che li prestava e ogni mese riceveva una percentuale. Tra le vittime dell’usura indicate dalla collaboratrice di giustizia, anche il titolare di un centro scommesse a Vibo Valentia.