Dentro la notizia - Un calabrese in Antartide, Francesco Pellegrino: «Nel ghiaccio intrappolati 800mila anni di storia, così studiamo i cambiamenti climatici» - Notizie
Originario di Acri, ingegnere meccanico laureato all’Unical affronta le missioni per «mettersi in gioco. Il mio sogno? Fare qualcosa per la mia terra». La sua storia nell'approfondimento condotto da Pier Paolo Cambareri
di lu. la.
“Un calabrese al Polo Sud”. È la storia di Francesco Pellegrino, 47 anni, originario di Acri, residente a Roma, ingegnere meccanico che si è formato all’Università della Calabria.La sua storia la racconta in diretta su LaC Tv nel corso dell’ultima puntata dell’approfondimento giornalistico “Dentro la notizia”, condotto da Pier Paolo Cambareri (clicca qui per rivedere la puntata).Quella di Francesco è una vita complessa, difficile, che richiede competenze enormi. Tra poco partirà per la sua dodicesima missione in Antartide, dove lavora per qualche mese all’anno per conto dell’Enea, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile.
«In Antartide per studiare i cambiamenti climatici: conoscere il passato, per capire meglio il futuro»
«L’obiettivo delle missioni – spiega Francesco Pellegrino – è proprio quello di studiare l’Antartide da un punto di vista privilegiato nell’osservazione dei cambiamenti climatici, poiché nel ghiaccio sono intrappolati sette-ottocentomila anni di storia che ci consentono di ricostruire l’evoluzione del clima: conoscere il passato, per capire meglio il futuro».L’Italia, riferisce ancora l’ingegnere meccanico nativo di Acri, ha costruito una sua stazione intitolata a Mario Zucchelli, aperta da ottobre a febbraio.«Le indagini che vengono condotte al Polo Sud servono a capire meglio il presente. In Antartide il nostro lavoro consiste nel supportare la logistica, l’organizzazione della gestione delle strutture realizzate quarant’anni fa. Studiare l’Antartide anche con dei carotaggi nel ghiaccio profondi fino a tremila metri ci consente di ricostruire la nostra evoluzione».
«Sì alle rinnovabili ma per rispettare l’ambiente dobbiamo cambiare i nostri comportamenti»
«Le fonti alternative e rinnovabili – sottolinea – ci servono per contenere l’innalzamento della temperatura del globo, ma insieme alla tecnologia dobbiamo modificare le nostre abitudini, le norme comportamentali. I pannelli solari o le caldaie più efficienti non bastano se non rispettiamo l’ambiente».«Nelle undici missioni dal 2013 ad oggi ho notato anche ad occhio nudo dei cambiamenti come le temperature che sembrano essere più alte o il ghiaccio che si ritira».La base italiana “Mario Zucchelli” sviluppa le attività da ottobre a febbraio mentre in quella internazionale per tutto l’anno, «nonostante le condizioni climatiche – dice ancora Pellegrino – siano proibitive con temperature che raggiungono anche 80-90° sotto zero».
Le difficoltà nel vivere al Polo Sud
Oltre al clima estremo, altri elementi potrebbero – a lungo andare – disturbare i ricercatori: la luce del giorno che dura 24 ore e le distese bianche.«Personalmente – risponde l’ingegnere nel raccontare come si vive in Antartide e quali difficoltà si riscontrano – non mi disturbano. Piuttosto viviamo di protocolli, di piani A, B, C e di addestramento oltre agli screening medici e psicologici. Al Polo Sud nulla è improvvisato perché i rischi connessi all’attività e all’ambiente sono elevatissimi, ma lavorando con una precisione quasi matematica, riusciamo a raggiungere gli obiettivi prefissati dalle missioni».«Perché vado in Antartide? Per quella voglia di mettersi in gioco, fare qualcosa di non esattamente normale. Alla stazione non viviamo solo noi ricercatori ma tutta una serie di professionalità dai medici ai militari, dalla Marina all’Aeronautica, fino ai vigili del fuoco».
«Il mio sogno è fare qualcosa per la mia terra»
Da Calabrese “fuori sede”, Francesco Pellegrino non ha staccato il cordone ombelicale con la sua terra. Acri, l’Unical restano dei riferimenti. «Dopo la laurea ho iniziato a lavorare a Brescia ed in realtà non avevo mai varcato i confini della nostra regione. Non è stato facile, ma adesso torno spesso. Come tutti i calabresi che lavorano e vivono fuori, il mio sogno è fare qualcosa per la mia terra».