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venerdì 18 ottobre 2024 | 12:02
Opinioni

La testimonianza - L’oro che non luccica: un italiano in Ghana per supportare il governo locale contro il contrabbando del metallo giallo - Notizie

Nel 2022 ne sono state esportate illegalmente ben 60 tonnellate. La testimonianza di Marco Letizi su un fenomeno che contribuisce a deprimere le finanze africane

di Marco Letizi*

Il Ghana è uno tra i maggiori produttori di oro al mondo, il primo tra i Paesi africani. Ex colonia inglese, fa parte del Commonwealth. È proprio il governo britannico ad aver lanciato l'allarme, rivelando che il Ghana perde ogni anno l'incredibile cifra di 2 miliardi di dollari a causa del c.d. galamsey (miniere di oro illegali) e relativo contrabbando. Solo nel 2022, quasi 60 tonnellate di oro sono state contrabbandate fuori dal Paese, aggravando le perdite finanziarie statali.

Per contrastare tale fenomeno criminale e i relativi flussi finanziari illeciti, nel luglio 2023, il Ministro delle Terre e delle Risorse Naturali del Ghana, Samuel Abu Jinapor, e l’allora Ministro degli Affari Esteri inglese, James Cleverly, hanno lanciato un programma da 3.9 milioni di sterline denominato UK Ghana Gold Programme (UKGGP). Dallo scorso marzo sono a capo del gruppo di lavoro di UKGGP finalizzato al rafforzamento delle capacità delle agenzie governative ghanesi nella lotta al contrabbando di oro, ai relativi flussi finanziari illeciti e alla corruzione e metto a disposizione del programma e delle autorità ghanesi la mia quasi trentennale esperienza professionale maturata sul campo nell’ambito della lotta al crimine transnazionale, alle organizzazioni mafiose, ai reati economico-finanziari e alla gestione dei beni sequestrati e confiscati agli apparati criminali. Più in particolare, fornisco alle agenzie governative ghanesi una vera e propria technical embedded assistance (assistenza tecnica dall’interno) volta a contrastare più efficacemente il contrabbando di oro e il riciclaggio di denaro, attraverso lo sviluppo di indagini economico-finanziarie e di innovative metodologie di forensic accounting (implementate, ad es., all’interno delle value chains di società di estrazione dell’oro, di compro oro, di fonderie e raffinerie), per quantificare la parte dei profitti derivanti da attività illecite.

Nel caso di fonderie e raffinerie - che rappresentano i punti nevralgici della supply chain dell’oro, in quanto in esse si confonde l’oro da siti autorizzati e responsabili con quello di origini illecite - le metodologie di forensic accounting sono determinanti perché consentono di evidenziare la compenetrazione tra attività legali e illegali, quantificando i profitti derivanti dalla parte di oro processato proveniente da galamsey. Per implementare tali indagini economico-finanziarie, ho elaborato un algoritmo, calibrato sul sistema di asset recovery del Ghana, che è stato trasposto in una Fintech App: in estrema sintesi, si tratta di un software capace di acquisire automaticamente i big data dagli stakeholders (banche, autorità fiscali, Unità Finanziaria Nazionale, ecc.), processarli e calcolare le sproporzioni finanziarie per individuare i beni nella disponibilità degli indagati da sottoporre a confisca.

La mia attività in Africa, così come in molti altri Paesi a livello globale, è disruptive nel senso che innesca una trasformazione del mindset investigativo degli uffici di Procura, di Polizia e degli apparati di intelligence dei Paesi beneficiari e conferisce un impulso concreto alla lotta alla criminalità organizzata e agli alti livelli di corruzione imperanti in questi Paesi. L’esperienza italiana nell’asset recovery e nell’asset management è cruciale in questi Stati, se si pensa che in Ghana, così come in altri Paesi africani produttori di oro e di materie prime critiche, coesistono gruppi criminali locali e consorterie criminali estere (russe, cinesi ovvero provenienti dai Paesi africani limitrofi), nonché organizzazioni mafiose italiane e albanesi, che hanno, già da tempo, reinvestito ingenti capitali anche nel settore dell’oro. L’impegno è, quindi, quello di cambiare radicalmente il framework di indagine delle agenzie governative del Paese, incentivando l’uso di tecniche investigative speciali (operazioni sotto copertura, consegna controllata, sorveglianza elettronica, ecc.), essenziali per penetrare la supply chain dell’oro nei Paesi produttori africani, da sempre fortemente permeata da significativi livelli di corruzione. Ad esempio, la costituzione di compro oro sotto copertura nei distretti ghanesi di Bole e Amansie West, ove è concentrato il maggior numero di galamsey, è determinante nell’individuazione dei canali illeciti di commercializzazione e dei soggetti coinvolti. Ancora, la costituzione di società di intermediazione e consulenza nello specifico settore potrebbe essere molto utile per individuare le persone fisiche e giuridiche coinvolte nel contrabbando di oro verso Paesi esteri, i relativi flussi finanziari illeciti, il riciclaggio e i fenomeni di corruttela tra il business dell’oro, amministratori pubblici e politica. Le esportazioni di oro dal Ghana hanno raggiunto un record nella prima metà del 2024. L'amministratore delegato della Mineral Commission ghanese, Martin Ayisi, ha dichiarato che, su un totale di 9,2 miliardi di dollari di esportazioni per la prima metà del 2024, l'oro da solo ha rappresentato il 54% del totale, per un valore di 5 miliardi di dollari. Ciò per l'impennata dei prezzi dell'oro (soprattutto nel secondo trimestre del 2024) e per il significativo aumento della produzione da parte di minatori artigianali di piccola scala.

In tale contesto, appare piuttosto preoccupante la recente ammissione del Ministero del Commercio ghanese, in merito all'analisi dei dati relativi alle esportazioni d'oro tra il Ghana e i suoi principali partner commerciali (Emirati Arabi Uniti, India e Cina), secondo il quale almeno 9 miliardi di dollari di entrate previste per l'oro non sono state contabilizzate. Ciò è confermato dalle autorità emiratine che hanno dichiarato di aver importato oro da alcuni Stati africani per un valore molto più alto di quello dichiarato dagli stessi Stati esportatori.

A complicare ulteriormente il quadro commerciale internazionale nel settore è il ruolo svolto dal Togo: negli ultimi anni, è diventato un hub internazionale del commercio dell’oro, in quanto le autorità togolesi richiedono per l’oro solo l’1% a titolo di fee all’esportazione, senza pretendere alcun certificato di origine. Nel 2019, le autorità doganali indiane hanno ammesso di aver importato dal Ghana quantitativi di oro dal settore minerario artigianale su piccola scala per un valore di svariati miliardi di dollari superiore rispetto al valore ufficiale dichiarato dalle autorità ghanesi. Per tale rilevante asimmetria e in risposta alle critiche mosse dalla comunità internazionale, che ha denunciato la mancanza di trasparenza di dette operazioni commerciali, le autorità indiane hanno richiesto un certificato di origine dell'oro ai soggetti esportatori. Il problema è che l’oro estratto dalle miniere artigianali ghanesi e acquistato dagli importatori indiani transita attraverso il Togo. Le autorità del Togo hanno, quindi, iniziato a rilasciare certificati che attestano, in via generica, che l’oro viene esportato dal Togo ed estratto in Ghana, senza però specificarne i siti di provenienza. È evidente che il contrabbando di oro è intimamente correlato all’estrazione illegale da siti minerari di piccola scala (galamsey), fortemente vulnerabili all’infiltrazione di gruppi criminali organizzati, in cui sono impiegati lavoratori in nero, spesso minori, costretti a turni di lavoro estenuanti in condizioni di sicurezza inesistenti. Inoltre, l’attività estrattiva nei siti non autorizzati, incontrollata, sta provocando un disastro ambientale senza precedenti: deforestazione, distruzione della biodiversità, significative emissioni di CO2 nell’atmosfera, riduzione delle aree agricole, migrazione forzata di popolazioni locali verso aree ancora coltivabili, nonchè contaminazione delle acque di fiumi, laghi e falde acquifere sotterranee, che costringerà presto il governo ghanese a importare acqua potabile dai Paesi vicini. 

*Consulente globale per le Nazioni Unite, Commissione europea, Consiglio d’EuropaAvvocato, dottore commercialista e revisore legale. PhD in Business Management all’Università “La Sapienza” di Roma