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mercoledì 9 ottobre 2024 | 07:15
Cronaca

la decisione - L’omicidio di Lisa Gabriele resta un caso irrisolto, il processo all’ex poliziotto finisce qui - Notizie

La Procura di Cosenza rinuncia a presentare appello contro l'assoluzione di Maurizio Abate che non è più sotto accusa per la morte misteriosa della ventiduenne avvenuta a gennaio del 2005, per lui in primo grado erano stati chiesti quattordici anni di carcere

di Marco Cribari

Non ci sarà un processo bis contro Maurizio Abate, l’ex poliziotto della Stradale di Cosenza già accusato dell’omicidio di Lisa Gabriele. La Procura, infatti, ha rinunciato a presentare appello contro la sua assoluzione, sancita lo scorso 29 gennaio al termine del primo grado di giudizio. Ora, i termini per imbastire un secondo capitolo giudiziario sono ufficialmente scaduti, il che rende quel verdetto definitivo.

Resterà un mistero insoluto, insomma, il caso della ventiduenne di Rose trovata morta il 7 gennaio del 2005 in una radura ad alta quota in territorio montaltese. Suicidio si suppone nell’immediatezza, anche in virtù del ritrovamento nella sua auto di scatole di medicinali, bottiglie di superalcolici e di una lettera che fa pensare a un gesto autolesionista, ma l’autopsia eseguita poche ore più tardi, adombra ben altro scenario.

I medici legali, infatti, ipotizzano che Lisa sia stata soffocata da qualcuno che, poco prima, l’ha costretta a ingerire una dose monstre di narcotici. E che quella di Montalto, dunque, sia solo una messinscena. Nonostante ciò, le successive indagini non portano a nulla di concreto e il caso finisce in soffitta per anni. Si torna a parlare della vicenda nel 2019, quando una lettera anonima a firma di «un poliziotto onesto della questura di Cosenza», punta i riflettori su Abate, già impelagato in una burrascosa relazione sentimentale con la vittima. Il sospetto che prende forma è che in quel 2005, il poliziotto volesse allontanarsi da lei per sposare un’altra donna, ma che a fronte delle resistenze di Lisa, si fosse determinato a ucciderla.

Dopo la riapertura dell’inchiesta, Abate trascorre anche qualche settimana in carcere e quello che si è apre poi contro di lui è un processo squisitamente indiziario. Non c’è infatti alcun elemento che lo colleghi direttamente alla scena del crimine e per stringere il cerchio attorno a lui, gli investigatori mettono in primo piano la sua personalità sopra le righe: dedito a droghe e alcol, collerico e soprattutto manesco. Viene accertato almeno un’aggressione fisica ai danni della giovane Lisa di cui si sarebbe reso responsabile, ma dicevamo: ai dati di contorno, non sarà associato alcun indizio concreto. Non a caso, l'unica accusa per cui sarà condannato a cinque anni di reclusione, è quella relativa allo spaccio di stupefacenti.

L’ultimo tentativo, la Procura in primis e il giudice poi, lo operano sul vecchio telefonino Nokia della vittima. L’accanimento con cui tecnici ed esperti provano ad aprire quel cellulare spento da quasi vent’anni non porta ad alcun risultato. A questo punto, l’unico epilogo possibile è quello di un’assoluzione, nonostante i quattordici anni di condanna chiesti dal pm Antonio Bruno Tridico. Una richiesta che non sarà reiterata davanti ai giudici di Catanzaro.

Nessun colpevole, insomma, nonostante gli sforzi investigativi, con tutti i dubbi del caso che restano intatti sullo sfondo. Uno in particolare: che l’inchiesta possa essere stata boicottata, già in partenza, per coprire responsabilità diverse da quelle dell’omicidio, piccoli segreti di provincia che rimandano a festini a luci rosse in cui, suo malgrado, la ragazza sarebbe rimasta coinvolta. Alcune testimonianze raccolte nelle ultime fasi d’indagine sembrano rimandare a questa pista, proprio come i timori che la stessa ragazza avrebbe manifestato nei suoi ultimi giorni di vita. E a ciò si aggiungono le suggestioni di depistaggi in odor di ambienti massonici paventati dagli stessi investigatori.

Nessun colpevole, quindi, ma anche nessuna certezza. Non è un caso che, all’esito della seconda autopsia, inconcludente per l’accusa, i consulenti tecnici della difesa – rappresentata dagli avvocati Marco Facciolla e Francesco Muscatello – abbiano messo in dubbio anche il soffocamento come causa certa della morte. Cosa ha ucciso allora la povera ventiduenne? Sperano ancora di saperlo i suoi familiari, rappresentati dagli avvocati Annunziata Paese e Gianluca Bilotta, ma una cosa è certa: un’eventuale nuova inchiesta giudiziaria, ammesso che una sia ancora ipotizzabile, non ripartirà da Maurizio Abate. Per lui, il caso Lisa Gabriele finisce qui. Per sempre.