Ci sono i sigilli e ci sono le erbacce, ma il sito privato sospettato di essere un magazzino di rifiuti anche radioattivi - la ex “Resine Sud” - non è stato sempre così. Nella zona industriale di Porto Salvo, a Vibo Valentia, se lo ricordano bene il complesso che produceva, negli anni ’60, fibre chimiche.

«Era un impianto avveniristico – spiega Michele Furci, già segretario provinciale della Cgil, oggi cultore di storia – e dava lavoro a oltre 200 operai. A metà degli anni ’70 il sogno industriale fallì, i lavoratori conobbero l’amarezza di una cassa integrazione lunghissima». Deindustrializzazione da incubo, su cui indaga la procura guidata da Camillo Falbo che dopo aver scoperto rifiuti pericolosi di ogni genere – anche ecoballe accatastate provenienti da chi sa dove – è arrivata ad ipotizzare anche la presenza di scarti radioattivi, visto che l’Arpacal ha rilevato valori fuori norma.

«A differenza di altre riconversioni industriali – sostiene l’ex sindaco Franco Sammarco – la politica non si è mai interessata più di tanto all’ex Resine Sud, che non ha avuto la stessa sorte dell’ex Cementificio visto che almeno in quel caso si sono susseguite negli anni riunioni su riunioni».
Né reindustrializzazione, né rioccupazione per questa che oggi è una discarica – sotto sequestro e non ancora bonificata - giostra di una programmazione parecchio zoppicante.
«Ricordo che la Provincia tentò di farne un Centro per la promozione industriale» prosegue Sammarco che fu sindaco dal 2005 al 2010, ovvero in un’epoca dove ancora c’era qualche speranza che i privati riconvertissero il sito. «Quando ero vice sindaco» - commenta Sammarco - «addirittura partecipai a una fiera che si tenne là». Enti ostaggio della svogliatezza molesta dei privati, visto che – come ricorda Furci - «la Provincia di Vibo fu la prima in Calabria a variare un Patto territoriale, arrivarono diverse decine di milioni di euro nella zona industriale, ma l’ex Resine Sud non partecipò al bando».

Enti pubblici che non spinsero più di tanto, quindi, ecco perché brucia di più che un sito dismesso sia potuto diventare negli anni un centro di stoccaggio di rifiuti pericolosi, forse al centro di un traffico su cui ora procura e carabinieri vogliono vederci chiaro.

 

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