L’erosione costiera è un fenomeno complesso e dalle tante sfaccettature. Un tema troppo spesso sottovalutato -viste le tante difficoltà del territorio vibonese- se non con l’avvicinarsi della stagione estiva. Così capita di riaffacciarsi sulle coste dopo i mesi invernali e faticare a riconoscere anche la spiaggia più familiare. Gli esempi sono diversi e interessano diversi territori della provincia, da Pizzo a Nicotera. Ci sono poi casi più evidenti come nell’area di Ricadi, Zambrone (in foto), Briatico, Vibo Marina, dove i cambiamenti sono avvenuti velocemente, nel giro di pochi anni.

Spiagge sempre più strette, a tratti irriconoscibili. Franco Saragò, presidente Legambiente Ricadi ricorda in particolare la spiaggia di Formicoli: «Dove adesso c’è il mare negli anni Cinquanta c’erano campi coltivati. C’erano aranceti. Addirittura – rimarca- i sub che si immergono nelle acque della rinomata località riescono a individuare i muretti a secco, utilizzati per delimitare le proprietà». Emblematica, poi, quanto vissuto da Baia di Riaci: «Rispetto al passato è stata posizionata una scogliera artificiale che interrompe la spiaggia. Probabilmente si cercava di tutelare, invece ha determinato anche danni, limitando l'accesso a porzioni di spiaggia e deturpando un'area di pregio».

Erosione costiera e la mano dell'uomo

Le coste vibonese e più in generale quelle della Calabria hanno subito mutamenti importanti. Ma puntare il dito contro i cambiamenti climatici, contro l’azione del mare “che toglie tutto”, a giudizio del referente ambientalista è riduttivo: «Erosione costiera è un fenomeno provocato anche dalla mano dell’uomo. Pensiamo alle strutture realizzate a pelo d’acqua, alla realizzazione di alcuni moli, barriere, porticcioli senza preventivi studi e senza autorizzazioni. Queste attività in alcuni casi hanno causato uno sfasamento delle correnti e di riflesso cambiato la morfologia del territorio». Non solo: «Il fenomeno naturale è stato accentuato dalla mano dell’uomo, dalla mala gestione delle coste, dagli abusi. Opere effettuate senza una valutazione sull’impatto ambientale».

Il ruolo delle istituzioni

Secondo l’analisi di Saragò il fenomeno potrà essere arginato valutando la situazione complessiva: «Nel tempo Comuni, privati hanno chiesto interventi specifici ma le attività si sono dimostrate ancora più dannose. Non si può pensare di tutelare solo il proprio orticello, la singola proprietà. Pensiamo per esempio – aggiunge il presidente Legambiente – al porto di Santa Maria di Ricadi con il progetto di 500 posti barca da realizzare grazie a fondi pubblici e privati. Ebbene, vent’anni fa, Legambiente e anche altre associazioni del territorio si sono opposte. L’opera avrebbe non solo deturpato un’area bellissima ma avrebbe anche snaturato il comprensorio».

Cosa fare dunque? «Bisognerebbe adottare soluzioni in grado di proteggere l’intera costa. Ci sono realizzazioni abusive che determinano danni? Vanno rimosse. Finora gli interventi hanno “accontentato” il singolo, invece di valutare azioni eco-ecompatibili. In tutto ciò i fondi del Pnrr potrebbero rappresentare una opportunità per valutare l’incidenza dell’erosione e mitigare con interventi ad hoc. Ricordiamoci che spesso la causa del disequilibro siamo noi».

L'importanza delle fiumare

Per Saragò, l’idea della natura “matrigna” non corrisponde a realtà: «Quando si verificano calamità è facile puntare il dito contro la natura. I cambiamenti climatici sono innegabili ma molte alterazioni sono causate dalla mano dell’uomo (in foto spiaggia Formicoli). Tra gli interventi che hanno “snaturato” il nostro territorio, pensiamo alle fiumare tombate, ai corsi d’acqua intubati. Sembra un argomento di poco conto ma queste attività hanno portato ad una riduzione della portata dei sedimenti e di riflesso anche della formazione delle spiagge». C’è poi la questione del “ripascimento naturale”: «Una volta il mare toglieva e ciclicamente restituiva. Adesso capita che questa azione naturale sia bloccata dalla presenza di barriere che non consentono in ripascimento naturale degli arenili», rimarca ancora.

La posidonia oceanica e la tutela delle coste

Il referente Legambiente ha poi sottolineato: «La natura ha previsto dei metodi naturali per arginare l’erosione costiera che, ricordiamo, è un problema su scala globale (in foto Baia di Riaci, in basso Sant'Irene-Comune di Briatico). Pensiamo alla “Posidonia oceanica”, questa pianta acquatica tipica del Mar Mediterraneo. Ai più sfugge il fatto che nel Vibonese esiste un Parco Marino Capocozzo-Vibo Marina-Capo Vaticano-Pizzo (in foto spiaggia Baia Riaci), una riserva naturale dalle caratteristiche uniche. È stato istituito anni fa ma davvero poco valorizzato tanto che non è stata mai fatta una zonizzazione sulle aree da tutelare. Qui prolifera la “Posidonia”, specie importantissima anche perché esercita una protezione della linea di costa dall'erosione. Eppure queste immense praterie sottomarine non sono sufficientemente protette. C’è chi butta le ancore, chi strappa. Ecco la questione è questa: la natura a messo a disposizione dei piccoli mezzi e noi li stiamo distruggendo».