L’Arpacal deve ancora comunicare gli esiti dei prelievi effettuati all’indomani del 22 giugno scorso quando dalla grande discarica in località Case Pipino si sversarono nel terreno e nel fiume i reflui inquinanti: ecco quanto emerge dalla relazione tecnica del dipartimento Ambiente (ASCOLTA L'AUDIO)
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Non è ancora finita. E non lo sarà finché non si conoscerà con precisione lo stato dei luoghi, di una valle, quella del Nicà nel comune di Scala Coeli, dove dal 22 giugno scorso niente è più come prima. Le reiterate richieste di conoscere gli esiti dei campionamenti effettuati sui terreni e nelle acque dove quattro mesi e mezzo fa è avvenuto lo sversamento di circa 15mila metri cubi di percolato dalla discarica di località Case Pipino sono finora rimaste lettera morta. E forse un motivo c’è. E cioè che quegli esiti, almeno quelli che una volta per tutte dovranno dire se e quanto l’ambiente è stato danneggiato dalla fuoriuscita di liquami dall’impianto di proprietà della Bieco, non ci sono ancora. È questo quanto emerge dalla relazione tecnica del dipartimento Ambiente della Regione Calabria, datata 19 ottobre, inviata in risposta a un’interrogazione del capogruppo del Movimento 5 stelle in Consiglio regionale Davide Tavernise.
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La relazione ripercorre per sommi capi quanto avvenuto dal giorno dello sversamento, con conseguente sequestro della discarica, a oggi. «Al fine di verificare l’eventuale superamento delle soglie di contaminazione e di conseguenza intraprendere le azioni di risanamento dovute», si legge nel documento, era stato chiesto alla ditta «di effettuare, avvalendosi dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente – Arpacal, appositi prelievi di campioni relativi a tutte le matrici ambientali coinvolte e di trasmettere i risultati ottenuti». Accadeva all’indomani della fuga di percolato.
Il 27 giugno il dipartimento Ambiente chiedeva ad Arpacal di proseguire con i campionamenti avviati «e di estendere dette indagini anche alle acque sotterranee, mediante monitoraggi delle sorgenti e dei pozzi autorizzati nei comuni interessati dall’evento».
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Più avanti la relazione dà conto delle attività di messa in sicurezza del territorio con la rimozione del percolato prima confinato attraverso una serie di sbarramenti. Operazioni portate a termine a metà luglio «necessarie ed idonee a contenere la fuoriuscita del percolato (…) e ad evitare ulteriori danni all’ambiente» poste in essere dalla Bieco.
Il dipartimento scrive poi di aver richiesto alla società «di eseguire un’indagine preliminare su tutte le matrici ambientali interessate dall’evento (…) per cui si è in attesa di conoscerne gli esiti».
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Dello stato dei luoghi, dunque, ancora nulla si sa. Si che il percolato c’era, è fuoriuscito e per un po’ è rimasto a contatto con il terreno. Ma cosa questo abbia comportato è ancora un interrogativo. Passata la fase emergenziale, restano le domande. Ancora a distanza di quattro mesi e mezzo. «Sono in corso le attività di verifica in merito alle condizioni e allo stato ambientale del sito inerente la discarica – è scritto sempre nel documento a firma del dirigente del dipartimento Salvatore Siviglia – e, pertanto, ogni valutazione di competenza non può prescindere dai dati scientifici risultanti dai monitoraggi, dai campionamenti e dalle analisi eseguite da parte dell’Arpacal, di cui si attendono gli esiti definitivi».
«Le valutazioni finali in merito alle procedure da porre in essere per il ripristino ambientale dei siti interessati – è la conclusione – avverranno di concerto con gli organi di controllo e a seguito dello studio intrapreso circa l’eventuale superamento delle soglie di contaminazione delle matrici ambientali indagate».
La lunga estate calda sembra essere finita ormai ovunque, ma non nella Valle del Nicà.