Barbara Mele smorza le polemiche sorte dopo la denuncia di Italia Nostra che aveva portato al sequestro dello scarico da parte dei carabinieri forestali: «Da due anni abbiamo la Bandiera Blu e l'Arpacal fa controlli tre volte all'anno»
Tutti gli articoli di Ambiente
PHOTO
Il mare di San Nicola Arcella è pulito e la Bandiera blu che premia le acque della zona Arcomagno è autentica. Lo assicura il sindaco della cittadina tirrenica, Barbara Mele, scesa in campo per difendere il prestigioso riconoscimento assegnato dalla Fee (Foundation for Environmental Education), messo in discussione da un'operazione dei carabinieri forestali che qualche giorno fa hanno sequestrato uno scarico del depuratore comunale e parlato di presunti scarichi di reflui in mare, ora al vaglio della magistratura, proprio il giorno successivo alla conferma dell'ambito riconoscimento.
Le origini della polemica
Prima di arrivare ai controlli delle forze dell'ordine bisogna fare un passo indietro e andare al 9 maggio, quando l'associazione ambientalista Italia Nostra mostra dalle sue pagine un video in cui si vede chiaramente il guasto della condotta marina (verificatosi a pochi metri dalla riva) da cui fuoriesce acqua dal colore scuro, lasciando temere che si trattasse di acque non ancora depurate. Il video, dopo aver fatto il giro del web, deve essere anche finito tra le mani dei carabinieri forestali che, pur in assenza di una denuncia formale, hanno dato avvio ai controlli. Nell'area del depuratore comunale hanno trovato aperto un piccolo pozzo di cemento, attraverso il quale le acque finiscono in un torrente adiacente all'impianto. «Si tratta sempre di acque depurate - ha detto la sindaca Mele - che non inquinano». Oltretutto, l'utilizzo del pozzo sarebbe stata l'unica alternativa valida alla condotta ormai logora, che sta per essere sostituita.
La Bandiera blu
È il secondo anno di seguito che sulle spiagge della cittadina altotirrenica sventola il vessillo color zaffiro, a indicare acque limpide, servizi e sostenibilità ambientale da parte del Comune. «Tutto vero - dice il primo cittadino -. L'Arpacal ha monitorato le nostre acque nei cinque anni precedenti e continua a farlo tre volte all'anno. Il nostro mare non è inquinato e sono certa che le indagini in corso dimostreranno che non c'è stato alcun sversamento di acque reflue». E allora come si spiega il colore delle acque immortalato nei video degli ambientalisti? «Si tratta di un misto di sabbia e polvere generato dalla pressione dell'acqua che fuoriesce dal tubo. Quando le acque arrivano lì, in quel punto, sono già depurate, poi si immettono in una condotta sottomarina, che a sua volta scarica in mare a oltre 200 metri di distanza dalla riva».
Il supporto dell'associazione ambientalista
Per un'associazione ambientalista che solleva il (presunto) caso di scarichi abusivi in mare, ce n'è un'altra che si schiera al fianco della sindaca sannicolese. Si tratta di "Mare pulito Bruno Giordano", l'associazione fondata da Francesca Mirabelli in ricordo del marito, il magistrato Bruno Giordano, scomparso a 66 anni nel dicembre 2018 dopo aver combattuto a lungo contro una terribile malattia. Nel corso della sua carriera, il procuratore si era distinto per le sue battaglie a tutela dell'ambiente e oggi la moglie vuole portare avanti la sua testimonianza, che è stata anche un atto di amore verso la Calabria e i calabresi.
«In questa battaglia - ha detto la signora Mirabelli - voglio metterci la faccia. Dopo aver letto sui giornali dell'operazione dei carabinieri, mi ero allarmata e ho voluto controllare di persona. Una volta qui, mi sono resa conto che non si trattava del sequestro del depuratore, ma di uno scarico adiacente all'impianto». Così ha voluto approfondire: «Sono andata nel punto in cui la condotta ha fatto registrare il guasto e mi sono resa conto che le acque non erano fatto sporche o maleodoranti». Di qui la scelta di sostenere la sindaca Barbara Mele nella difesa del suo territorio. «Tutti abbiamo a cuore l'ambiente, noi con la nostra associazione monitoriamo tutta la Calabria, ma non è giusto gettare ombre laddove l'operato è trasparente». La parola ora passa agli inquirenti.