«Restiamo convinti che il pantano di Saline Joniche sia un'area in cui la natura si difende da sé. Nonostante la preoccupazione, dunque, siamo fiduciosi che tornerà a riempirsi di acqua e a rappresentare lo scrigno di biodiversità che conosciamo e che siamo impegnati a promuovere e a tutelare. Da vent’anni ci dedichiamo a quest'area e non ricordiamo un prosciugamento di questa portata. Ci lasciamo incoraggiare dal verso dei Cavalieri d’Italia, migratori regolari e nidificanti, che sono riusciti a rimanere, dall'arrivo di ieri sera delle cicogne e dal racconto di alcuni anziani che ci dicono che in passato il pantano è già stato passato, riuscendo poi a riprendersi».

Gabriella Familari, di recente eletta presidente provinciale del WWF di Reggio Calabria e responsabile delle guide dell’osservatorio Ornitologico WWF, fotografa così la situazione che, a causa della grave siccità di questo frangente, si registra nel Pantano di Saline Joniche. In questa oasi naturale, insistente nel territorio comunale di Montebello Jonico, nel reggino, dal 2021 è attivo lo stesso osservatorio Ornitologico WWF dove espletare attività di birdwatching.

Sic e zona speciale di conservazione

Il sentiero che costeggia il pantano è stato concesso in uso all’osservatorio da Rfi. Grazie all’attività dell’osservatorio il pantano ha dei guardiani responsabili e appassionati. In questa area, classificata come sito di interesse Comunitario (Sic), zona speciale di conservazione, luogo del cuore Fai, proprio l’assenza della consueta biodiversità denuncia l'impatto di questo clima sull'avifauna. Uno degli effetti preoccupanti sull’ambiente di questo clima avaro di piogge e di questa estate dalla temperature, fino a qualche giorno fa, roventi.

Uno scrigno di biodiversità di straordinaria ricchezza e anche un sito molto antico, ultima testimonianza dell’area che sino al Settecento ospitava le saline di Reggio, come rivelato dal nome della frazione di territorio. Poi l’antropizzazione e lo scellerato tentativo di industrializzazione con la costruzione della Liquichimica, mai entrata a regime, hanno ristretto l’estensione dell’area palustre. Oltre un decennio fa anche la minaccia della costruzione di una centrale a carbone “di ultima generazione” di portata superiore a 1300 Mw. Oggi ci sono due preziosi laghetti a ridosso dello Stretto tra Reggio e Messina, al centro di rotte migratorie di tante specie di avifauna, molte delle quali protette. Continua a leggere su IlReggino.it.