Ricordate Italus, l’albero più antico d’Europa conservato nel parco del Pollino di cui vi avevamo parlato qualche settimana addietro? Gli studiosi impegnati ad analizzarne la struttura hanno riscontrato importanti novità legate alla sua datazione.


L'età di Italus era stata stabilita con l'acceleratore di particelle Tandetron del Centro di fisica applicata datazione e diagnostica (Cedad) del dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi” dell'Università del Salento, specializzato nel campo delle tecniche nucleari per la datazione e le analisi isotopiche e dei materiali.
Il risultato è stato presentato nel corso della conferenza internazionale “Radiocarbon” a Trondheim, in Norvegia, dal team di ricerca multidisciplinare italo-americano che ci ha lavorato, guidato dal professor Gianluca Piovesan dell'Università della Tuscia di Viterbo.


Gli scienziati del Cedad hanno usato una serie di anelli di accrescimento annuale di Italus, selezionati dagli altri ricercatori coinvolti nel progetto, come archivio per ricostruire il contenuto di radiocarbonio nell'aria negli ultimi 1.230 anni. Il radiocarbonio (un isotopo radioattivo del carbonio), noto per il suo uso nella datazione dei reperti archeologici, si produce infatti continuamente nell'atmosfera della Terra per effetto dei raggi cosmici che provengono dal Sole e dal resto dell'universo. Quanto più intenso è questo bombardamento, tanto più radiocarbonio si produce e tanto più ne viene assorbito dagli organismi viventi.


Qui entrano in gioco Italus e l'idea degli scienziati: misurando la quantità di radiocarbonio in ogni singolo anello di Italus è possibile risalire all'intensità del bombardamento in un determinato anno.
«Abbiamo analizzato con l'acceleratore - spiega il direttore del Cedad, Lucio Calcagnile - la quantità di radiocarbonio contenuta in singoli anelli di Italus e abbiamo identificato un aumento anomalo dell'anno 993-994 dopo Cristo».
«Si tratta aggiunge - di uno dei cosiddetti eventi di “Miyake” dovuti, probabilmente, a un aumento molto significativo dell'attività solare connessa all'emissione di protoni di alta energia da arte del Sole (i cosiddetti Spe: Solar proton events). Per la prima volta questo evento viene indentificato in Italia e in un albero vivente».


«L'identificazione di questi eventi - commenta il docente di UniSalento e co-autore della scoperta, Gianluca Quarta - rappresenta una sfida da un punto di vista scientifico, perché richiede un'accurata selezione dei campioni, complesse procedure di trattamento chimico e, soprattutto, precisioni e sensibilità strumentali al limite delle capacità tecniche disponibili».


«Ora la sfida - prosegue - è identificare altri eventi di questo tipo (certamente ve ne è stato un altro ancora più intenso nel 774-775 dopo Cristo), stabilirne la natura e l'eventuale periodicità. Con la consapevolezza - conclude - che se nel passato un evento di questo tipo portava solo a vedere le aurore boreali anche alle nostre latitudini, oggi provocherebbe danni ingentissimi ai sistemi di telecomunicazione e ai satelliti».