La presidente regionale Anna Parretta: «Le opposizioni tout court non sono comprensibili. È necessario un approfondimento sui progetti specifici che però devono essere analizzati nella corretta prospettiva e analizzando i bisogni di una Calabria che non è una monade isolata, ma è connessa con il resto del mondo»
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«In riferimento all’ipotesi di costruzione ed esercizio di un parco eolico offshore di tipo galleggiante denominato “Enotria” nello specchio acqueo del Golfo di Squillace, a largo di Punta Stilo, negli ultimi giorni sono apparsi articoli e prese di posizione allarmate anche da parte di alcuni sindaci. Legambiente Calabria ricorda che innanzitutto parlare di eolico off-shore significa affrontare concretamente la crisi climatica e quella energetica i cui effetti negativi li stanno già vivendo tutti i cittadini, in Calabria come nelle altre regioni». È quanto si legge in una nota dell’associazione ambientalista.
«È importantissimo, per contrastare gli effetti di queste crisi - afferma Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria - che le energie rinnovabili, alternative alle fonti di energia tradizionali prodotte con combustibili come carbone, gas naturale e petrolio, diventino la prima fonte di energia entro il 2030, con l’obiettivo di arrivare all’azzeramento dei gas climalteranti in atmosfera entro il 2040 e garantire un futuro sostenibile e vivibile per tutti».
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«L’Italia, per rispettare gli impegni fissati dall’Europa, deve quindi tagliare in maniera celere e drastica i consumi di tutti i combustibili fossili – prosegue la nota –. Per capire l’importanza della questione, basti pensare che quanto alle emissioni in atmosfera un solo parco eolico offshore da 675 MW è in grado di evitare 1 milione di tonnellate di CO2, produrre circa 45.000 tonnellate di idrogeno verde all’anno, vettore importante per decarbonizzare i siti industriali energivori».
«La transizione energetica va avanti in tutto il mondo: attualmente esistono Paesi dove l’energia elettrica è prodotta al 100% da fonti rinnovabili tra cui l’Albania o l’Islanda, mentre altri stanno arrivando alla totalità come la Norvegia, la Nuova Zelanda. Paesi come la Danimarca superano il 60% quasi tutta da eolico ed intendono raggiungere l’obiettivo net zero entro il 2045», scrive ancora Legambiente.
«Dinnanzi allo scenario complessivo che abbiamo di fronte - sostiene Anna Parretta - le opposizioni tout court ai progetti di parchi eolici off-shore nello specifico nel Golfo di Squillace non sono comprensibili. È necessario un approfondimento ed uno studio sui progetti specifici che però devono essere analizzati nella corretta prospettiva ed analizzando bisogni e necessità di una Calabria che non è una monade isolata, ma è connessa con il resto del mondo».
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Legambiente: «Facciamo chiarezza»
Nella nota di Legambiente sono poi riportate «le obiezioni più ricorrenti al fine di fare chiarezza».
«L’eolico offshore ed in particolare l’eolico galleggiante è fortemente basato sull’innovazione tecnologica e lo sviluppo industriale. La scelta dei siti non è dettata da intenti “colonialisti” nei confronti della Calabria ma, al pari di altre regioni risponde ad una serie di criteri tra cui la maggiore disponibilità del vento, la profondità dell’acqua e le proprietà geotecniche del fondale».
«Il progetto denominato “Enotria”- che l’ufficio energia di Legambiente sta analizzando al fine di individuare eventuali criticità - è uno dei progetti presentati nello specchio acqueo del Golfo di Squillace, al largo di punta Stilo, nel mare Ionio, e prevede la realizzazione di un impianto eolico offshore di tipo galleggiante composto da 37 aerogeneratori con una potenza complessiva di 555 MW posti tra circa 22 e 33 kilometri al largo della costa orientale della Calabria. Ciascun aerogeneratore di potenza unitaria di 15 MW avrà un’altezza massima complessiva di 355 m.s.l.m».
«La progettazione di un parco eolico offshore è un processo graduale lungo e complesso che parte dall’analisi dei dati ambientali e attraverso la verifica e lo sviluppo degli aspetti economici, arriva alla definizione dettagliata delle componenti tecniche del progetto. Altro elemento da sottolineare è che tra i vari progetti presentati e le richieste di connessione a Terna – 191 pratiche per 14,94 GW complessivi, di cui 10 pratiche per 6,35 GW per l’eolico offshore - non tutti, ovviamente verranno realizzati, ma una volta autorizzato il primo impianto, che passa attraverso l’analisi delle commissioni tecniche ministeriali e della sovrintendenza, e aperti alle osservazioni, gli altri posti nelle stesse aree decadranno naturalmente».
«Gli impianti eolici, a terra e a mare, così come tutte le tecnologie vanno valutate per la loro utilità, senza dimenticare che pur essendo impianti imperfetti, oggi grazie alle competenze e alle conoscenze acquisite in questi anni, abbiamo la possibilità di realizzarli al meglio senza compromettere panorami o territori. Quello che non va mai dimenticato è la qualità dei progetti, parametro importante e da non confondere con la bellezza».
«Altra obiezione ricorrente riguarda l’impatto paesaggistico. Occorre considerare che una pala eolica off-shore da 15 MW a 12 km di distanza appare alta 1 cm e mezzo ed una a 28 km 0,65 cm. Nel caso specifico stiamo parlando di aerogeneratori posti ad una distanza tra 22 e 33 km dalla costa della Calabria quindi poco percettibili».
«Ancora, sulla presunta autosufficienza della Calabria in termini di energia», prosegue la nota di Legambiente.
«Nella nostra regione c’è una crescita continua ma lenta delle fonti rinnovabili con un valore positivo determinato soprattutto dal solare fotovoltaico seguito dal comparto delle bioenergie e dal settore eolico ed idroelettrico. Se guardiamo al totale della produzione di energia elettrica, quella proveniente dalle fonti rinnovabili e no, la Calabria si dimostra dipendente dalle fonti di energia fossile. Infatti, sul totale dei GWh elettrici totali prodotti, solo il 25%, nel 2022, è direttamente proveniente da fonti rinnovabili, mentre il gas fossile e climalterante gioca indisturbato il ruolo da protagonista».
«I prossimi anni dovranno, quindi, essere caratterizzati da importanti installazioni da fonti rinnovabili su scala nazionale se vogliamo raggiungere gli obiettivi climatici ed evitare l’innalzamento della temperatura globale e la Calabria, come altre regioni, deve fare la sua parte».
«Ribadiamo l’importanza che gli impianti e i progetti – pur nella consapevolezza che nessuna scelta energetica è neutra rispetto all’ambiente perché tutti gli impianti di qualsiasi genere hanno tutti degli impatti – siano “fatti bene” e rispettino sia normativa vigente che le caratteristiche dei territori e degli ambienti marini».
«Serve attivare percorsi di partecipazione e di coinvolgimento dei territori e dei cittadini oltre che di tutti gli stakeholder interessati e serve informazione scientifica e controllo - a partire dal controllo sulla legalità che eviti infiltrazioni mafiose».
«Ed è soprattutto necessario che la Regione Calabria abbia in materia energetica, una strategia unitaria coordinando i vari progetti e piani di sviluppo per realizzare sul territorio impianti grandi e piccoli in maniera coerente e con procedure certe, trasparenti e sostenibili. Definendo anche le cosiddette aree idonee, ovvero quelle aree dove sarà possibile realizzare grandi impianti con procedure accelerate. Oltre a spingere il Governo sull’approvazione degli spazi marittimi, tema su cui l’Italia è entrata in procedura di infrazione».
«Alla Calabria serve, urgentemente, un piano energetico regionale, anche per evitare errori fatti in passato e chiarire il quadro nell’interesse sia dei cittadini che delle imprese - sottolinea Anna Parretta -. Il Piano regionale energia e clima (Priec) della Regione Calabria, il cui coordinamento è stato affidato al Dipartimento Unità per l’Efficienza Energetica dell’Enea è infatti ancora in corso di elaborazione».
«La questione sul “cosa resta alla Calabria”, altra obiezione ricorrente, trova una risposta compiuta nel quadro complessivo: ci sono vantaggi indiretti derivanti dalla decarbonizzazione delle fonti di energia calabrese con grandi vantaggi sull’ambiente e sulla salute dei cittadini che sono in linea con gli obblighi normativi imposti dalle leggi nazionali ed europee. Ma anche possibili vantaggi diretti che dipenderanno da come le amministrazioni e la politica riusciranno a giocare le proprie carte sul tavolo “verde” della storia. Senza dimenticare quelli che si possono ottenere con processi di partecipazione costruttivi in cui territori e cittadini possono non soltanto portare osservazioni per migliorare gli impianti, ma anche discutere in quale modo utilizzare le compensazioni. Per farlo però non vi è bisogno di posizioni tout court contrarie e ideologiche, ma la capacità di osservazione, dialogo e discussione».
«Gli impianti di energia rinnovabile possono, inoltre, creare sviluppo, lavoro e benessere in Calabria, salvaguardando allo stesso tempo l’ambiente sia nella fase di realizzazione dei progetti che nella fase di gestione e manutenzione creando opportunità per le imprese del territorio, sia nel settore dei servizi ( si pensi ai porti) che nel settore della pesca. Su questo ultimo aspetto ad esempio gli studi hanno dimostrato un impatto positivo poiché le aree in cui sono posizionati i rotori rappresentano, un habitat ideale ed un rifugio per diverse specie di pesci contrastando fenomeni come la pesca a strascico».
«Sulle modalità e prospettive delle energie rinnovabili come possibilità reale e concreta di sviluppo - conclude la presidente di Legambiente Calabria - chiediamo che si attivi un confronto partecipato affinché la nostra regione diventi un punto di riferimento energetico per il Paese, realizzando una giusta transizione ecologica».