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“Al Referendum che si terrà domenica prossima 17 aprile, Forza Italia sosterrà le ragioni del Sì per salvaguardare il Mediterraneo dallo sfruttamento petrolifero, proteggendo l’ecosistema marino, le coste, l’ambiente, il clima e la salute dei cittadini. Se i cittadini intendono mettere definitivamente al riparo le coste italiane dalle attività petrolifere, proponiamo di votare Sì” dichiara in una nota il Presidente del Gruppo consiliare Forza Italia al Consiglio regionale della Calabria, Alessandro Nicolò.
“Attualmente, le società petrolifere non possono aprire nuovi pozzi vicini alla costa, ma le attività già in corso possono continuare a operare senza limiti temporali. Forza Italia è per il divieto chiaro e assoluto di estrarre petrolio vicino alle coste marine (entro le 12 miglia marine). E’ incomprensibile la situazione paradossale creatasi all’interno del Partito Democratico: i vicesegretari nazionali si sono schierati ufficialmente per l’astensione invitando la popolazione a disertare le urne etichettando il referendum come “inutile” in netto contrasto con le sette regioni PD (su nove), tra cui spicca la Calabria, che l’hanno proposto. Siamo di fronte ad una sfida interna al partito di maggioranza giocata sulla pelle degli italiani. Verranno spesi 400 milioni di euro che il Governo avrebbe potuto risparmiare ed investire per risolvere problemi reali e contingenti dal welfare, alle infrastrutture, ai trasporti, agli aiuti alle imprese, e cosi via quasi all’infinito” continua Alessandro Nicolò.
“Visto che le piattaforme continuano ad immettere nel mare una gran quantità di sostanze chimiche pericolose ed una fuoriuscita accidentale di petrolio potrebbe causare gravi danni all’ambiente, distruggendo preziosi ecosistemi ed equilibri delicati, è sicuramente importante una consultazione referendaria. Tuttavia in un’epoca caratterizzata da spending review, la scelta più ragionale sarebbe stata quella di accorpare la chiamata alle urne del 17 aprile con le elezioni amministrative di giugno. La motivazione addotta dal Premier palesa una certa ambiguità nella linea politica del Governo perché se da un lato si sostiene che il referendum abbia bisogno di un quorum garantito, dall’altra si porta avanti il principio dell’astensione per far fallire la consultazione. Siamo di fronte all’ennesimo stratagemma atto a confondere le acque ed anche i cittadini” afferma il Capogruppo.
“La stessa tecnica utilizzata per la ricerca del petrolio – aggiunge Alessandro Nicolò - è pericolosa per la fauna marina; può modificare i comportamenti e indebolire il sistema immunitario di molti animali.
Siamo convinti che gli interessi delle multinazionali del petrolio non possano prevalere sull’ambiente. Né comunque riusciremmo a raggiungere l’autonomia: lo sfruttamento di tutti i giacimenti di petrolio nel mare italiano garantirebbe, solo a brevissimo termine, infatti, il fabbisogno nazionale”.
“Votare sì vuol dire anche mettere un freno ai cambiamenti climatici che tanti guasti hanno causato finora al pianeta. I gas responsabili del cambiamento climatico sono prodotti proprio dai combustibili fossili utilizzati per produrre energia (petrolio, carbone, gas). Esprimersi a favore del Sì è una scelta a vantaggio delle fonti energetiche alternative rinnovabili (parliamo ad esempio del solare e dell’eolico) che ancora, purtroppo, non riescono ad affermarsi sul mercato per i grandi interessi economici contrari.
Fermare lo sfruttamento petrolifero del Mediterraneo, dunque, significa scegliere politiche energetiche più attente alla natura e all’ambiente, assumere come cittadini atteggiamenti più responsabili in direzione della riduzione dei consumi e aprirsi al cambiamento rispetto alle abitudini energetiche. Per come formulato, il referendum ci chiede se vogliamo abrogare il fatto che i pozzi già autorizzati possano essere sfruttati dalle compagnie private fino ad esaurimento del giacimento, cioè senza limiti di tempo (mentre le norme comunitarie stabiliscono che la concessione non superi il limite dei 30 anni), anche se si trovano nell’area proibita a queste attività (ovvero entro le 12 miglia marine dalla costa). La risposta è Sì, vogliamo che l'articolo sia abrogato e che le concessioni abbiano termini, scaduti i quali, le compagnie petrolifere ‘abbandonino il campo’ senza che si possano più continuare ad effettuare estrazioni” conclude il Capogruppo Alessandro Nicolò.