A valle le case a secco e i campi bruciati dalla siccità e a monte una diga inutile, costata uno sproposito e piena come un uovo di acqua che potrebbe dare sollievo a decine di paesi e ettari di coltivazioni (per non dire della possibilità di un impianto idroelettrico per la produzione di energia sostenibile che non preveda la distruzione di intere porzioni di montagna). Acqua, quasi 30 milioni di metri cubi, che invece resta pressoché inutilizzata, prigioniera di una mancata progettazione antica quanto la diga stessa.

L'acqua razionata

Le interruzioni notturne nella distribuzione dell’acqua sono ormai diventate una fastidiosa consuetudine nelle estati del Reggino, e le cose potrebbero anche peggiorare nei prossimi giorni visto l’afflusso di persone (turisti e calabresi “di ritorno”) che di fatto, durante la stagione, raddoppia la popolazione residente dei paesi e la conseguente richiesta d’acqua. Piogge che non si fanno vedere da mesi, condutture colabrodo, falde ai minimi e acque di superficie quasi scomparse: le cause di questa continua emergenza sono note da tempo e a Reggio come nella Locride e nella Piana di Gioia, i comuni provano a metterci una pezza con ordinanze e continui richiami al rispetto delle basilari regole di comportamento. Ma l’emergenza siccità continua a mordere e i suoi effetti, oltre che su cittadini e turisti, si ripercuotono pesantemente anche sul comparto agricolo.

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Con una quotidianità un po’ meno drammatica che nella Locride, anche la Piana di Gioia paga dazio alla mancanza di piogge e alla scarsa efficienza delle condutture utili a dare sollievo alle coltivazioni. Soprattutto a quelle che di acqua ne consumano molta come i kiweti e le colture di avocado che, vista la maggiore redditività, da tempo stanno soppiantando i tradizionali agrumeti. Sono i pozzi, nella maggior parte dei casi, a garantire la fornitura idrica necessaria alle aziende per la produzione. Pozzi che sempre più spesso devono essere scavati a profondità maggiori rispetto al passato visto il perdurare dell’emergenza.

La vergogna sul Metramo

Originariamente pensata per rifornire d’acqua il mai realizzato quinto centro siderurgico del “pacchetto Colombo”, la diga sul Metramo potrebbe risolvere molti dei problemi di approvvigionamento idrico nella Piana di Gioia, sia rispetto all’acqua potabile che a quella destinata ad uso irriguo, ma dal 2013, anno del collaudo definitivo, il mastodonte costruito sull’altopiano che divide l’Aspromonte dalle Serre resta un costosissimo giocattolo pressoché inutile, ennesimo esempio di cattedrale nel deserto di stampo calabrese.

È lunga e tortuosa la storia della diga sul Metramo: con risvolti tragicomici rispetto alla lentezza esasperante per le opere di costruzione, e aspetti inquietanti sul versante dell’enormità del denaro speso e sulle ingerenze della criminalità organizzata sui lavori relativi al movimento terra e all’approvvigionamento di materiale dalle tante cave dislocate sul territorio. Risvolti penali che portarono, negli anni ’90, al rinvio a giudizio di 172 persone, in un processo che davanti al Tribunale di Palmi si risolse in una bolla di sapone. Ventisette milioni di metri cubi di portata massima, 900 metri sul livello del mare, quasi 100 metri di altezza dell’invaso di cemento: un gigante che anche in queste settimane di siccità stringente riesce ad essere quasi al limite della portata massima e che si limita a riversare sul torrente che scende a valle, le acque che potrebbero dare sollievo a cittadini e agricoltori.

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Del faraonico progetto originario (che si è trascinato per oltre un trentennio, finendo per costare oltre 300 miliardi delle vecchie lire) infatti sono rimasti incredibilmente esclusi i collegamenti con la rete di distribuzione per l’utilizzo in agricoltura dell’acqua stipata a monte e che potrebbe rifornire una buona fetta delle aziende del comprensorio. Uno stallo antico che non è mai stato sanato nonostante negli anni almeno tre progetti - uno della Regione, proprietaria della diga, uno del fu consorzio di bonifica di Rosarno ora accorpato con gli altri in un unico elefantiaco ente regionale, che la diga la gestisce, e uno del comune di Galatro sul cui territorio ricade l’invaso – siano stati avanzati. E se nel caso della diga desolatamente vuota sul Lordo la Sorical aveva predisposto un potabilizzatore dell’acqua (mai entrato in funzione perché terminato quando la diga venne svuotata e ora vandalizzato e depredato di molti dei suoi componenti), sul versante Tirrenico l’impianto di potabilizzazione non è mai stato neanche realizzato. Con tanti saluti ai cittadini esasperati dai continui razionamenti d’acqua.