Si mobilitano ambientalisti, cittadini e associazioni per difendere il territorio della Costa Viola dall’ennesimo progetto che vedrebbe un territorio «fragile» a rischio. Stiamo parlando del progetto “Favazzina” firmato dalla multinazionale Edison S.p.A., che prevede la costruzione di un impianto di accumulo idroelettrico mediante pompaggio dell’acqua marina, tra le coste di Favazzina e il versante di Melia.

Volantinaggio prima e incontro partecipato nel pomeriggio per dire no a un’opera che non porterebbe benefici al territorio. Alberto Ziparo, professore universitario di Pianificazione Urbanistica, già componente della Direzione scientifica del Quadro territoriale regionale paesaggistico della Regione Calabria ha risposto a una domanda su tutte: Un progetto inutile? «La prima cosa che colpisce leggendo la descrizione dell'impianto restituita dal progetto è che siamo davanti ad un’opera di cui non si sente né la necessita né l'urgenza. Il progetto infatti non è al servizio di un determinato impianto funzionante e che necessita di tanto in tanto di ingenti volumi di acqua concentrati, come avviene solitamente per tale tipo di opere; ma molto più genericamente "al servizio dei fabbisogni della Rete elettrica nazionale e segnatamente della Rete elettrica Calabra"».

E l’interrogativo comune è: vale la pena allora impegnare un territorio tanto fragile (presenza di frane e dissesti) quanto pregevole (sistemi costieri, versanti, ambiti collinari, ecosistemi strutturanti) evidenziati dai numerosi vincoli ambientali e paesaggistici che ne marcano molta superficie, per un progetto che è stato probabilmente pensato soprattutto per sfruttare le facilitazioni finanziarie per una (nella fattispecie molto presunta) innovazione energetica, a tutto dispetto delle caratteristiche e delle potenzialità del contesto ecologico interessato? «Il progetto non reggerebbe a qualsivoglia valutazione di utilità, la Costi/Benefici. L'ambito interessato dal progetto ha caratteristiche oromorfologiche molto particolari che lo rendono ad un tempo "speciale e fragile" (strettissima cimosa litoranea, versanti a picco sulla costa, interrotti da valloni scoscesi scolpiti dalle fiumare, il tutto segnato da grande numero di frane e ingenti processi di dissesto idrogeologico, oltre all'erosione costiera) che il MASE nelle sue Osservazioni coglie, imponendo la rivisitazione del progetto da parte di geologi con specialismi ambientali. La letteratura scientifica esistente sulla zona, negli studi, nei progetti e nei piani coglie tale situazione: Per cui è urgente nel contesto un forte processo di risanamento e riqualificazione del territorio».

Ad emergere dal confronto è come si potrebbe essere al cospetto di un altro progetto, l'ennesimo, che rischia di mettere in pericolo la Costa Viola, in particolare il territorio di Scilla. E a dire no è anche il centro sociale Cartella che tramite l’architetto Francesco Manti ha chiarito come siamo al cospetto di «un'opera che costa tantissimo, oltre un miliardo di euro, per una produzione elettrica che non è fondamentale, considerando che la Calabria esporta già gran parte dell’energia prodotta. Quei fondi potrebbero essere destinati a centinaia di opere più utili. Inoltre, l’opera di presa a mare potrebbe provocare problemi di erosione costiera, non essendo assolutamente coordinata con gli altri interventi di difesa della costa già programmati sia dal Comune che dalla Città Metropolitana».

Per l’architetto va poi considerato che il profitto «sarà marginale per la Calabria e per il Sud in generale, poiché questa energia verrà utilizzata principalmente per la rete nazionale del nord Italia. Inoltre, sulle lunghe distanze, la dispersione energetica è del 14% ogni 1000 km, un valore che rende più opportuno realizzare piccoli impianti di prossimità vicino ai luoghi di consumo, piuttosto che grandi opere centralizzate».

Questa infrastruttura, inizialmente pensata per essere finanziata dal Pnrr, ormai «non può più rientrare in quei fondi, visto che tutti i lavori avrebbero dovuto essere consegnati entro il 2026. Di conseguenza, si dovranno cercare altre fonti di finanziamento, ammesso che si ritenga ancora opportuna la realizzazione dell’opera. Se dovesse andare avanti, il finanziamento arriverà solo con risorse nazionali».

Dal punto di vista tecnico «si tratta di un'opera senza precedenti, che prevede la costruzione di una galleria di 5 km da Favazzina ai Piani di Melia, interamente sotterranea, con un bacino di acqua salata che non potrà essere utilizzato per altri scopi. Questo è molto diverso dagli impianti di accumulo già esistenti, che funzionano tra due bacini posti a poche centinaia di metri di distanza. Qui parliamo di un'opera che prevede 5 km di distanza e 600 metri di dislivello, uno scenario completamente differente».

Valentino Santagati, del Coordinamento regionale Controvento, aggiunge: «Questa è una giornata di confronto, ma vogliamo esporci chiaramente: si tratta di un'opera dannosa per la Costa Viola e inutile per la Calabria. Il problema è più ampio: quest’opera si inserisce in uno scenario più grande, quello della trasformazione dell’articolo 43 della Costituzione, che in origine prevedeva l'energia come servizio pubblico essenziale, mentre oggi è diventata un affare privato finanziato con soldi pubblici. Siamo di fronte a una speculazione energetica che, invece di affrontare seriamente il problema del cambiamento climatico, sta creando ulteriori danni. Un esempio? Nelle Serre calabresi è in atto un dissesto idrogeologico a causa della distruzione dei boschi e dell’occupazione di suolo vergine per la costruzione delle pale eoliche. Il libero mercato dell’energia sta danneggiando il territorio e i cittadini. Già nel 1903, in un governo liberale, Giolitti aveva capito che lasciare il controllo dell’energia ai privati avrebbe causato problemi alla gestione pubblica e ai cittadini.

Questa opera, se dovesse essere finanziata da fondi privati, non sarebbe remunerativa, ma diventa redditizia solo grazie ai finanziamenti pubblici. Noi siamo di fronte a uno Stato e una politica che stanno servendo un settore energetico rapace, del tutto indifferente alle conseguenze ambientali e sociali. Ci sono persone che, a causa di questa situazione, hanno dovuto abbandonare le loro attività tradizionali: pastori, apicoltori e allevatori di pecore e capre si sono trovati costretti a chiudere perché il loro territorio è stato occupato dalla monocoltura energetica. Noi chiediamo di tornare allo spirito della Costituzione: il coordinamento sta chiedendo alle istituzioni di garantire un’energia pubblica gestita da enti pubblici, non lasciata nelle mani di privati che stanno distruggendo il territorio».

E Piero Idone attivista Wwf ha chiarito come «questo progetto rappresenta un serio problema ambientale e va visto in un contesto più ampio: dalla costa di Villa San Giovanni e Messina, interessata dal Ponte sullo Stretto, fino alla Costa Viola, il territorio è già sovraccarico di infrastrutture. A Favazzina, in particolare, già si trovano il metanodotto e i cavi di Terna che attraversano la zona, ed ora si vuole aggiungere un’altra centrale con un impatto strettamente privato, che servirebbe solo a vendere energia fuori dalla Calabria. La Calabria già produce più energia di quanta ne consumi e non ha bisogno di questa centrale, che sarebbe solo un ulteriore danno ambientale per il nostro territorio. Si sta sacrificando la nostra terra per un business che favorirà altri, senza alcun beneficio per i calabresi».

Inoltre, questa infrastruttura «è estremamente rischiosa. Verrà realizzata all’interno di versanti geologicamente fragili, già soggetti a movimenti franosi monitorati da tempo. Costruire gallerie sotterranee in questi terreni instabili potrebbe peggiorare la situazione idrogeologica, con conseguenze devastanti. Anche la biocenosi marina verrebbe gravemente compromessa: l’installazione di idrovore che preleveranno acqua di mare per poi trasferirla in un bacino in montagna potrebbe alterare l’habitat naturale, con impatti diretti su specie come il pesce spada, che si riproduce proprio in queste acque. Non comprendiamo perché si voglia realizzare un’opera così impattante in Calabria, quando potrebbero farlo altrove senza danneggiare un territorio di straordinaria bellezza naturalistica come la Costa Viola. Chiediamo con forza di fermare questa opera, perché è stata impropriamente inserita in un contesto ambientale e paesaggistico di estremo pregio. Il danno che provocherebbe sarebbe irreversibile».