Il naturalista ospite della trasmissione condotta da Pier Paolo Cambareri si è soffermato su cause ed effetti: «Cura ancora lontana». In studio anche il direttore de Il Vibonese che ha condotto un'inchiesta sui corsi d'acqua contaminati
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La tutela ambientale, il ruolo delle istituzioni, delle associazioni, dei media. Ma anche le origini dell’inquinamento, marino in primis, e le possibili strategie per risolvere ataviche criticità. Sono stati numerosi gli spunti di riflessione offerti nella puntata odierna di Dentro la notizia. La trasmissione condotta da Pier Paolo Cambareri ha ospitato Pino Paolillo, naturalista del Wwf Vibo, e Enrico De Girolamo, vicedirettore di LaCnews24.it e direttore de IlVibonese.it. Proprio la testata vibonese del gruppo Diemmecom ha condotto questa estate un'intensa campagna di stampa contro l'inquinamento dei torrenti che sfociano a Vibo Marina, a cominciare dal Sant'Anna, emblema di una problematica annosa e difficile da risolvere. L'inchiesta de Il Vibonese, che recentemente ha documentato l'ennesimo scempio ambientale scoprendo una condotta fognaria danneggiata, ha dato il La alla puntata di oggi (clicca qui per rivederla).
L’analisi di Paolillo ha riguardato in prima battuta l’estate appena trascorsa, «non molto diversa dal passato e non molto diversa da quelle che verranno», almeno dal punto di vista della qualità delle acque. Paolillo è entrato nel dettaglio: «Il nostro mare ha una malattia ormai cronica che si chiama eutrofizzazione, le famose fioriture di alghe che rendono l’acqua verde, fanno scappare i turisti e non piacciono neanche ai locali». Eppure non si tratta di un’emergenza recente ma avvisaglie e gridi dall’allarme erano stati lanciati addirittura negli anni Ottanta e Novanta: «Un po' come per l’emergenza climatica. Adesso tutti danno ragione agli ambientalisti però in passato nessuno ci credeva. Nessuno voleva crederci perché si tratta di verità scomode». Il naturalista del Wwf è un fiume in piena: «Si è consentito anche di costruire lungo le coste e se qualcuno si azzardava a denunciare inquinamento, o liquami organici, veniva tacciato di essere contro il turismo contro l'economia e contro e contro la Calabria».
La fioritura algale, le origini
Un problema, dunque, con radici antiche: «Risolvere il problema del fosso Sant’Anna o dei depuratori lungo la costa vibonese – ha scandito Paolillo – non significa superare la questione inquinamento. Ci sono problemi a monte, ovvero di tutti quei paesi non solo del comprensorio vibonese ma anche del lametino che non hanno impianti di depurazione e continuano a scaricare. Non hanno i medesimi interessi di un Comune costiero». La colorazione verde del mare è frutto della proliferazione di alghe, di un ecosistema che viene “nutrito” con nitrati e fosfati, «come se venisse concimato». Una fioritura algale eccezionale che non può essere considerata naturale ma è “indotta”. Gli elementi inquinanti, oltre alle fogne, sono rappresentati dai concimi chimici: «Pensiamo al mare verde tra Pizzo e Gizzeria. Alle loro spalle c’è una agricoltura fiorente». I fertilizzanti vengono utilizzati in maniera massiccia per le colture e poi trovano la strada per arrivare al mare.
Depuratori e concimi
Ma cos’è cambiato in questi anni? «Dal punto di vista delle indagini, della conoscenza del fenomeno, i passi in avanti non sono mancati. Abbiamo la diagnosi ma non siamo ancora arrivati alla cura».
Per risolvere le criticità ambientali, a giudizio del naturalista Paolillo serve «un cambiamento radicale, una rivoluzione culturale nei calabresi perché purtroppo il calabrese non ha non ha mai sviluppato questo senso del bene comune della collettività. Ciascuno pensa solo al proprio interesse. Per cui c'è l'agricoltore che deve concimare, fertilizzare il terreno non si rende conto delle conseguenze che poi avrà questa sua attività sull'ecosistema marino. Ecco perché io propongo e auspico anche un'apertura di dialogo con le associazioni agricole». Se da una parte è accertato che il fenomeno deriva anche dall’uso dei concimi, «ci sono anche delle direttive e dei regolamenti che tendono ad abbassare il livello di fertilizzante in agricoltura. Si può arrivare anche a soluzioni come lo spargimento di fertilizzanti in determinati periodi in modo che siano meno impattanti». Oltre ai concimi, la questione è la mancanza di depuratori o impianti sottodimensionati, come in più occasioni denunciato anche da Legambiente.
Tranciante il giudizio sulle nuove generazioni e la loro attenzione ai temi della tutela dell’ambiente: «Non vedo cambi di rotta». Segnale che, probabilmente, molto ancora si deve fare sul fronte della sensibilizzazione.