Del dissesto idrogeologico, causa di rischi per le popolazioni e dell’impoverimento delle risorse, ha parlato il Presidente della Repubblica nel suo intervento del 29 gennaio nella sede regionale.


Il Presidente della regione, nella nota di convocazione della Conferenza dei sindaci sulla nuova legge urbanistica, nello stesso mese di gennaio, ha scritto: “per lungo tempo il territorio è stato violentato, maltrattato, saccheggiato. Le conseguenze sono disastrose in termini di maggiore esposizione al rischio di dissesto idrogeologico, dequalificazione urbana e, in molti casi, deturpazione delle bellezze naturali.” E, sugli aspetti urbanistici, il presidente della regione ha evidenziato che “a prevalere è stata una logica meramente quantitativa che ha finito col determinare volumetrie che, in molti casi, in quasi tutte le realtà urbane ha prodotto una svalutazione dello stesso patrimonio immobiliare.” ?


Il richiamo delle massime cariche istituzionali alla realtà del territorio regionale può e deve favorire a elevare il basso livello del dibattito aperto nei giorni successivi l’approvazione del Consiglio regionale della nuova legge urbanistica.

Un dibattito che ha ignorato anche le novità introdotte, proprio in materia di urbanistica e governo del territorio, con la modifica dell’art.117 e Riforma del Titolo V della Costituzione. E che attribuiscono allo Stato la legislazione esclusiva “sul governo del territorio e sul sistema di coordinamento della protezione civile”.

Invece di nuove idee e proposte riguardo la specificità del territorio e gli assetti urbanistici dei centri abitati sono emerse le solite e generiche rivendicazioni da parte di alcuni “rappresentanti” di categorie professionali e le solite “lamentele” di rito su metodi e procedure decisionali delle minoranze e opposizioni politiche. Nessuna riflessione e nessuna analisi sul perché, dopo circa tre lustri dell’approvazione della legge urbanistica, nei 409 comuni calabresi soltanto in 20 è stato approvato il Piano Strutturale Comunale.


Si è continuato a ignorare sia specificità geologiche e diffusione e gravità del dissesto idrogeologico del territorio calabrese, sia la necessità di tutelare e valorizzare il grande patrimonio di risorse naturali disponibili. Territorio esposto a prevedibili ed elevatissimi rischi geologici come: alluvione, frane, terremoti e maremoti; ma anche ricchissimo di preziose risorse naturali, come: le decine di migliaia di sorgenti con l’acqua potabile migliore d’Europa; i numerosi e vari giacimenti minerari metallici e litoidi; gli estesi rilievi collinari e montuosi con suoli fertilissimi e l’aria più pura d’Europa; i 716 chilometri di costa con il 20% delle spiagge balneabili dell’intera Penisola del BelPaese.

Gran parte degli amministratori locali dei 409 comuni della Calabria continua a sottovalutare sia la progressiva estensione dei processi di degrado idrogeologico sia l’inadeguatezza di gran parte del patrimonio edilizio pubblico, privato e storico a resistere alle previste sollecitazioni sismiche.

Si trascura che la Calabria, oltre a possedere il patrimonio edilizio più degradato d’Italia, è la regione a più elevata sismicità e l’unica regione d’Italia con tutti i territori comunali compresi in zona sismica di prima e seconda categoria. E che tra i 261 comuni classificati di prima categoria e più elevata pericolosità sono compresi quattro capoluoghi di provincia e il territorio di Lamezia Terme con più di 70.000 abitanti. Così come si trascura il fatto che i territori di 114 dei degli stessi comuni a più elevata pericolosità solo da pochi anni e, comunque, dopo la costruzione di gran parte del patrimonio edilizio esistente, sono stati classificati a più elevata pericolosità. E, quindi, che lo stesso patrimonio edilizio non abusivo è stato progettato e costruito con criteri di resistenza sismica e sicurezza inferiori a quelli attualmente ritenuti necessari. Il record negativo sullo stato di conservazione degli edifici nella regione, è emerso anche dalla recente analisi di Confartigianato resa nota nei giorni scorsi. La Calabria, con il 26,8% del totale degli edifici residenziali in mediocre-pessimo stato di conservazione, è la regione messa peggio.? A livello provinciale il primato negativo va a Vibo Valentia dove è più diffuso il cattivo stato delle case (31,4% del totale), seguita da Reggio Calabria (31,3%) e Catanzaro (25,8%)


Sulla rilevanza e gravità dei rischi ai quali sono esposti le popolazioni e il territorio calabrese non si può continuare a fare come gli struzzi e ignorare che nella veste di capo della Protezione Civile nazionale, il prefetto Gabrielli ha dichiarato di aver gli incubi al pensiero dei danni del terremoto in Calabria. E che il primo Responsabile della Missione contro il dissesto idrogeologico “Italia Sicura” del Presidente del consiglio dei ministri, D’Angelis ha detto di non dormire la notte al pensiero del rischio alluvione in Calabria dove i fiumi sono “bombe ad orologeria”.


Per evitare la perdita di vite umane e i danni prevedibili con le prossime ed inevitabili piogge, amministratori e tecnici, non possono continuare ad ignorare i dati sulle aree a rischio frane e alluvioni disponibili in formato cartaceo e digitale in ognuno dei 409 comuni della regione. Sull’abbondanza della documentazione scientifica prodotta nei decenni passati, sono richiamare alla memoria i dati contenuti nelle mappe della “Valutazione delle Piene in Calabria” dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica di Cosenza e del Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche. Così come sono da ricordare i dati riportati nelle relazioni e nelle tremila Carte del Piano Stralcio per L’Assetto Idrogeologico della Regione Calabria del 2001. In particolare, è da ricordare che nelle carte del PAI sono state individuate e delimitate ottomila frane e centinaia di punti e chilometri quadrati di attenzione per il rischio idraulico. E, non può essere ignorato che circa la metà delle 5.581 aree a rischio frana individuate, nelle Carte del PAI, risultavano a rischio elevato R3 e molto elevato R4 dove esiste cioè la possibilità di perdita di vite umane.

Ampia documentazione esiste anche riguardo gli interventi necessari per la messa in sicurezza dei territori e delle popolazioni. In proposito va ricordato, ad esempio, che nel Piano di difesa del suolo redatto a seguito dell’emergenza idrogeologica e per la mitigazione del rischio dei dissesti dell’inverno 2008-2009, per la sola Fase 1, sono elencati ben 2.587 interventi, per un costo di un miliardo e duecento milioni. Questi interventi, ritenuti necessari a rimuovere le criticità lungo i corsi d’acqua, a mitigare il rischio frana, attraverso azioni di consolidamento e mettere in sicurezza le aree a rischio inondazione, non sono stati ancora completati. Così come non sono stati realizzati gli altri interventi della Fase 2 finalizzati alla mitigazione del rischio idrogeologico a scala regionale e alla risoluzione dei nodi essenziali del dissesto idrogeologico in Calabria.

Si tarda a considerare che l’attuale stato di degrado e dissesto idrogeologico, in concomitanza di eventi naturali particolarmente sfavorevoli, come già avvenuto in passato, predispone a calamità di proporzioni anche maggiori di quelli sempre più frequentemente resi noti e documentati dai mezzi d’informazione. E si sottovaluta l’urgente necessità di attività e interventi, come ad esempio:


- dotare i Piani Strutturali Comunali di studi, indagini di dettaglio e Mappe tematiche di sintesi sulla microzonizzazione sismica dell’intero territorio comunale e sulla disponibilità e utilizzazione dell’intero patrimonio di risorse naturali disponibili; - procedere alla verifica e messa in sicurezza di tutti gli edifici "strategici": scuole, ospedali, caserme, ponti e importanti vie di collegamento;- programmare la progressiva messa in sicurezza del patrimonio edilizio pubblico e privato; - finanziare Piani comunali di emergenza e rendere i comuni consapevoli del ruolo di protagonisti da svolgere nella prima fase dell’emergenza, prima dell’arrivo dei mezzi della Protezione Civile;  - potenziare i centri di ricerca mediante l'istallazione di un'articolata e diffusa rete di monitoraggio con stazioni GPS permanenti, sismografi, accelerometri, inclinometri, etc. per ottenere un quadro esaustivo della vulnerabilità sismica del territorio, anche per l’attività degli operatori civili negli scenari di emergenze/disastri; - istituire il Servizio Sismico e Servizio geologico regionale previsto dalla legge regionale n.14 del 1980 dichiarata urgente e non ancora attuata.

L’insieme degli amministratori locali e dei vertici delle corporazioni non ha mostrato consapevolezza delle condizioni, rischi e risorse, del territorio calabrese.

E non mostra di aver colto la rilevanza delle novità e degli obiettivi sottolineati dal Presidente Oliverio nella nota di convocazione della Conferenza sulla nuova legge urbanistica. Novità, come la presa d’atto che “per lungo tempo il territorio è stato violentato, maltrattato, saccheggiato” e le “conseguenze disastrose in termini di maggiore esposizione al rischio.” ?E obiettivi come: “l’uso controllato del territorio” per “consumo suolo zero” attraverso gli strumenti di pianificazione urbanistica e in coerenza con il quadro territoriale regionale di coordinamento. E la “ricostruzione e valorizzazione dei territori” con “una larga mobilitazione di energie capaci di alimentare la cultura che serve alla crescita della Calabria".

Crescita possibile se, l’insieme della classe dirigente, riuscirà a dare seguito alle parole del Presidente della Repubblica sul dissesto idrogeologico: “Intervenire per ridurlo è opera di grande valore sociale. Da questo impegno può nascere lavoro e i benefici ricadranno su ogni comparto della vita sociale."