Di seguito, il commento tecnico del Direttore di Legambiente Calabria Luigi Sabatini nel corso della conferenza stampa di presentazione del Coordinamento referendario NO TRIV Calabria che nasce per promuovere il Sì al voto del referendum che si terrà il prossimo 17 aprile, per fermare le trivelle e mettere la parola fine all’estrazione di petrolio nel mare italiano.
Presenti all’incontro, che si è tenuto oggi nella sala oro della cittadella regionale, l’assessore regionale all’Ambiente Antonella Rizzo ed il consigliere regionale Arturo Bova, delegato referendario per la Regione Calabria.
Tra le associazioni del Coordinamento: Notriv Calabria, Fabbrikando l’Avvenire, GreenPeace, Legambiente, SlowFood e WWF Calabria.

 

“Nei giorni di campagna referendaria Legambiente Calabria, insieme alle altre associazioni e alla Regione, si impegnerà e sarà in prima linea per chiedere ai cittadini di votare Sì al referendum del prossimo 17 aprile per fermare le trivelle e mettere la parola fine all’estrazione di petrolio nel mare italiano.
Il Governo ha scelto questa data per una campagna lampo e riuscire a portare al voto il 50%+1 degli elettori (circa 25 milioni) non sarà infatti un’impresa facile. Per questo dobbiamo ricordare la data ed informare continuamente.
Con il quesito referendario si chiede di cancellare la norma, introdotta dalla legge di Stabilità, che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo. Nonostante, infatti, le società petrolifere non possano più richiedere per il futuro nuove concessioni per estrarre in mare, le ricerche e le attività petrolifere già in corso non hanno nessuna scadenza. Se si vuole mettere definitivamente al riparo i nostri mari dalle attività petrolifere occorre votare "SÌ" al referendum. In questo modo, le attività petrolifere andranno progressivamente a cessare, secondo la scadenza "naturale" fissata al momento del rilascio delle concessioni.

 

Per Legambiente è importante votare SÌ perché:
1) il petrolio è una vecchia e inquinante fonte fossile. Tutto il petrolio presente sotto il mare italiano basterebbe al nostro Paese per sole 8 settimane, mentre già oggi produciamo più del 40% di energia da fonti rinnovabili.
2) Per salvaguardare la vera ricchezza del mare italiano: turismo, pesca e biodiversità. Negli ultimi anni nella Penisola è cresciuto il turismo verde, segno che gli italiani vogliono riscoprire le bellezze paesaggistiche del territori. Il patrimonio naturalistico delle nostre destinazioni balneari è la prima motivazione di visita per i turisti stranieri (muove il 30% dei turisti), ed è il secondo motivo di scelta, invece, (24,9%) dei turisti italiani. (Fonte Unioncamere 2013). Un patrimonio importantissimo per l’economia italiana e degli altri Paesi adriatici, il cui motore principale sono le bellezze naturali dei luoghi.
3) Per un’energia pulita, rinnovabile, distribuita e democratica rispettando gli impegni che il nostro Governo ha preso alla COP21 di Parigi a fine 2015.

 

Attualmente sono 18 i procedimenti attivi per un totale di circa 14mila chilometri quadrati da Taranto a Crotone: una superficie grande quanto l’intera Campania è sotto scacco delle compagnie petrolifere. Sono questi i numeri della folle corsa all’oro nero che non risparmia le coste ioniche, così gli altri mari italiani. Un vero e proprio assalto delle compagnie petrolifere frutto di una scellerata scelta in campo energetico del Governo che sta letteralmente svendendo i nostri mari.

 

A preoccupare sono anche gli effetti delle attività di ricerca, che utilizzano l’Airgun, la tecnica geofisica di rilevazione di giacimenti nel sottofondo marino (utilizzata sia nelle attività di prospezione che per le attività di ricerca), può produrre sulla fauna acquatica, in particolare sui mammiferi marini. Ci sono studi infatti che dimostrano come gli effetti si ripercuotano anche a diverse miglia dalla sorgente, inducendo i cetacei a modificare il loro comportamento. Infine c’è l’interazione di tali attività con la pesca. Sull’impatto che queste attività possono avere in uno studio del Norvegian Institute of Marine Research si riporta che si può registrare una diminuzione del pescato anche del 50% intorno ad una sorgente sonora che utilizza airgun.

 

Legambiente, insieme al coordinamento NO TRIV, chiede di votare SI al Referendum contro questa miope scelta energetica e sta organizzando un’iniziativa che si chiama “100 piazze per il referendum” per una mobilitazione capillare: La sfida è complicata ma il nostro impegno non mancherà”!