E’ questo l’interrogativo che resta ancora in sospeso, nonostante i rilievi fatti dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale, che ha scongiurato l’allarme inquinamento nell’area del piccolo centro cosentino. I rilievi tecnici,  infatti, iniziati circa due mesi fa, hanno escluso la presenze di scorie industriali interrate dalla camorra in colate di cemento,nell’acqua e nei prodotti della terra di Regina, frazione di Lattarico, paese natio dell’ex trafficante di droga.
 Sul caso dei rifiuti tossici in casa nostra, dice la sua Gino Mirocle Crisci, Rettore dell’Università della Calabria e consulente delle Procure  in numerosi casi di indagine di inquinamento ambientale.  “Questo tipo di contaminazione- dichiara Crisci ai colleghi del Quotidiano- non è paragonabile ad una bomba a scoppio immediato, semmai ad orologeria”. E ancora: “bisognerebbe avere  indicazioni più dettagliate sul luogo in cui siano stati seppelliti i rifiuti ed effettuare dei carotaggi”.
All’ultima determinante domanda sull’attendibilità e sicurezza delle indagini condotte dall’Arpacal, il geologo Crisci risponde così: “se i rifiuti fossero contenuti in fusti sigillati nessuno si accorgerebbe della loro presenza. Le analisi su acqua e prodotti della terra sono i cosiddetti  fondamentali e non basta effettuarle una volta.  L’Arpacal deve svolgerle periodicamente, proprio perché non è dato stabilire quando possono avere inizio gli effetti di un’eventuale contaminazione”.  In conclusione, il Rettore, incita a fare analisi dettagliate per scongiurare fenomeni di inquinamento ambientale, non solo a Lattarico ma in tutto il territorio calabrese.

 

Rossana Muraca