«I codici dei rifiuti che attualmente prende Sovreco sono identici a quelli che…». La domanda di Carla Giuliano, deputata del M5s, arriva nel corso dell’audizione di Paolo Grossi, amministratore delegato di Eni Rewind, a Crotone, dove la Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti è arrivata nello scorso mese di febbraio per approfondire il tema della bonifica dei veleni dell’ex Pertusola.

La questione dei codici dei rifiuti non è trascurabile. Sovreco è la ditta che gestisce la discarica che Eni vorrebbe utilizzare a Crotone per smaltire gli scarti della bonifica. Le istituzioni si sono messe di traverso: vogliono che i rifiuti pericolosi siano smaltiti fuori dai confini regionali e ne è nato un contenzioso infinito. Risultato: è tutto fermo. La curiosità della parlamentare è legittima: che tipo di scarti riceve l’impianto di Crotone?

Grossi risponde di getto: «Sono identici, sono un po’ di più di quelli nostri, ma tutti i nostri ci sono. Quindi non è uguale, è peggio». La discarica di Sovreco gestisce già rifiuti pericolosi quanto quelli della bonifica Eni, forse addirittura di più. «Per essere chiari – spiega il manager – in una discarica (c’è differenza, ndr) tra prendere rifiuti da chiunque o prendere rifiuti dall’Eni a cinque chilometri, in un sito che è nato tutto insieme, nel bene o nel male, e che è iper analizzato. Nel caso dei rifiuti dell’Eni il livello di rischio è sicuramente minore. Però, se lei avesse una discarica, preferirebbe prendere i rifiuti da un unico soggetto che sta a cinque chilometri, che ha 270 piezometri e 500 persone che ci lavorano, o prenderne mille da uno, 2mila da un altro e 30mila da un altro, rifiuti che come minimo sono pericolosi». Il parere è di parte ma Grossi è chiaro: per il territorio sarebbe più sicuro prendere i rifiuti dell’Eni, posto che comunque scarti pericolosi arrivano e arriveranno nell’impianto di Sovreco

Eni: «Con i rifiuti a Crotone non risparmieremmo, è una bufala e vi spiego perché»

Passiamo ai costi. È un’altra delle questioni affrontate da Grossi in audizione. Per la politica, Eni sarebbe guidata nelle sue scelte sulla bonifica da motivazioni economiche: vorrebbe evitare di portare i rifiuti in discariche estere solo per risparmiare. L’ad di Eni Rewind respinge questa lettura: «Questa è un’altra falsità. Ho volutamente lasciato alla fine questa questione. Io non lo dico mai pubblicamente, però nelle carte ce l’avete, ed è la cosa più triste. La situazione italiana di carenza di discariche fa sì che le discariche italiane, in particolare per pericolosi, oggi costino il triplo delle discariche estere. Quindi, chi dice che noi andando all’estero spenderemmo di più dice una grande fesseria».

E le spese di trasporto? Il ragionamento per Grossi non cambia: «Certo, complessivamente. Nello scouting che abbiamo fatto abbiamo preso le quotazioni economiche che sono a disposizione. Ebbene, il costo della discarica per pericolosi di Sovreco, ma, ahimè, prima era anche delle poche altre che ce n’erano, oggi è superiore a 300 euro a tonnellata, solo per l’abbancamento. Quindi, per 500mila tonnellate parliamo di 150 milioni di euro. Ovviamente, noi comunque un trasporto lo avremmo. Chiaramente, essendo vicini, parliamo di 10-20 euro. Quindi, 320 euro sarebbe il costo complessivo. Le discariche in Svezia, che sono le ultime rimaste, perché gli altri Paesi stanno chiudendo le frontiere, vanno da 100 a 150 euro a tonnellata, mediamente però parliamo di 100 euro, e il trasporto vale circa 200 euro. Quindi, alla fine il costo finale è simile». Insomma, «Eni, se portasse quei rifiuti all’estero, spenderebbe quanto spende portandoli alla Sovreco».

«Dire che i veleni vanno fuori da Crotone si vende bene»

Per Eni la soluzione migliore sarebbe lasciare i rifiuti a Crotone, utilizzando la discarica Sovreco. Grossi non risparmia una battuta indirizzata alla politica. La regala ai parlamentari della Commissione d’inchiesta: «Dire che i veleni vanno fuori da Crotone si vende bene». A chi gli chiede perché lo stallo vada avanti da anni risponde senza giri di parole: « Il motivo è semplicissimo ed è solo politico, nel senso che nel 2019 c’era una Giunta (regionale, ndr) di colore diverso da oggi che, a un certo punto ha messo il timbro su questa cosa che, chiaramente, si vende molto bene: i veleni devono andare fuori da Crotone. Chi è che non sarebbe d’accordo, detta così? Peccato che poi la stessa Giunta non aveva ridotto la capacità di discarica o aveva chiuso la discarica». È, pare la tesi di Grossi, come se la stessa Giunta avesse detto che non voleva i rifiuti Eni a Crotone ma senza sbarrare la strada agli altri scarti, quelli che l’ad definisce anche più pericolosi.

«Con Occhiuto apertura iniziale ma poi sono iniziati i fondamentalismi»

Con il cambio di esecutivo le cose sembravano mettersi meglio: «Quando abbiamo incontrato il presidente Occhiuto o la nuova maggioranza in provincia, inizialmente c’era stata apertura nel dire che i tecnici confermavano che non c’era alternativa. C’è, però, un piccolo particolare, ovvero che la regione ci ha detto: “Benissimo, solo che dovete mettervi d’accordo con il territorio”».

«Il territorio – continua Grossi – era il sindaco, attuale sindaco, che aveva fatto tutta la sua campagna passata e futura sul concetto che Eni è cattiva e che i veleni devono andare su Marte, non all’estero».

Eni, dopo aver raccolto «una mezza apertura» dalla Provincia o dalle Regione, aveva pensato che «forse l’uovo di Colombo era fare una nuova discarica in una montagna in mezzo alla Calabria». Ma a quel punto è andata «ancora peggio, perché quella mezza apertura data per provare a venire incontro al territorio è stata subito cavalcata da altri partiti nel dire: “Non solo i veleni arrivano a Crotone, ma fai un’altra discarica per veleni”. A quel punto è diventata una gara di tutti i partiti, a chi era più fondamentalista dell’altro».