«Sin dal primo intervento del 07/08/2020 in tutte le comunicazioni è stato richiesto, con estrema urgenza, lo spegnimento dei focolai attivi che interessavano i cumuli di compost biostabilizzato posizionati nei piazzali superiori ed inferiori della ditta Eco Service. Tali indicazioni sono state fornite in seguito anche all’esperienza maturata durante l’episodio analogo dell’incendio del 2017, come sopradescritto, per il quale l’intervento dell’Arpacal ha consentito il superamento della fase emergenziale.

 

Infatti, come accaduto nel 2017, anche in quest’ultimo episodio non vi era presenza di incendio con fiamma attiva bensì si svolgeva una lenta combustione sommersa di materiale organico misto a materiale strutturante ligneo cellulosico e, anche in questo caso, non è pervenuta alcuna segnalazione da parte dell’Autorità Sanitaria competente territorialmente (a cui spettano le valutazioni in materia igienico sanitaria, come ad esempio la tossicità per l’uomo) riguardo episodi acuti e/o particolarmente gravi di disagi irritativi/olfattivi».

Queste sono le conclusioni di una lunga e dettagliata relazione che l’Arpacal ha redatto a fronte di indagini approfondite sul sito della discarica di Comunia a Lazzaro dove, ormai da quest’estate, cumuli di rifiuti continuano ad emanare fumi che hanno preoccupato l’intera popolazione. Nonostante i ripetuti interventi dei Vigili del fuoco, infatti, ancora oggi la discarica rilascia maleodoranti fumi che non fanno dormire sogni tranquilli a quanti, associazioni e amministrazione comunale compresi, da mesi chiedono di comprendere le ricadute che questi focolai possano avere sulla salite dei cittadini.

Adesso, a distanza di oltre 3 mesi, con la relazione dell’Arpacal, si apre uno scenario al dir poco inquietante che non lascia presagire nulla di positivo per i cittadini di Motta San Giovanni. Ma la soluzione sembra, in realtà, dietro l’angolo.

Le soluzioni dell'Arpacal

«Tappa per tappa, i tecnici del dipartimento Arpacal di Reggio Calabria spiegano chiaramente che la problematica delle ultime settimane, oltre ad essere già avvenuta nel 2017, va risolta attraverso un’opera di “smassamento” degli abbanchi di compost che stanno lentamente bruciando a causa di focolai sommersi tra gli stessi. Tale procedura è l’unica da realizzare perché il problema sia risolto alla radice, permettendo all’Agenzia, a focolai definitivamente spenti, di attivare un’indagine ambientale per conoscere l’eventuale ricaduta sul suolo degli inquinanti. Attività di “smassamento”, evidentemente, che non spetta all’Arpacal e che, solo grazie ad un intervento recente dell’Assessorato regionale all’Ambiente che ha finanziato il Comune, sono iniziate lunedì scorso».

 

Da mesi è iniziato lo “scarica barile” a cui i cittadini sono tristemente abituati e adesso non resta che aspettare che, chi di competenza, provveda a quest’operazione di “smassamento”. Ma l’Arpacal è stata chiara e ha chiarito nero su bianco che dai documenti prodotti «è assolutamente intuibile che il problema debba essere risolto da più soggetti, ciascuno con una propria specifica competenza, ma sempre nel rispetto dei ruoli e delle prescrizioni tecniche che noi abbiamo già più volte segnalato».