Una battaglia lunga anni, pochi passi avanti. Sul problema dell’amianto in Calabria le istituzioni sono rimaste in gran parte sorde. Lo denuncia il presidente dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona) Cosenza Giuseppe Infusini. In collegamento con la trasmissione di LaC News24 “Dopo la notizia”, il responsabile dell’associazione di volontariato che ormai da dieci anni si batte per la rimozione di questo pericoloso materiale dalle nostre città non le ha mandate a dire. E rispondendo alle domande e alle sollecitazioni da studio del direttore Pier Paolo Cambareri è stato netto: «Ci sono molte inadempienze da parte della Regione». Inadempienze che si trascinano da tempo e di governance in governance. Come dire: cambiano i suonatori ma la musica è sempre la stessa.

Al centro di tutto, una legge regionale che è del 2011 ma che è rimasta in gran parte lettera morta. All’interno, prescrizioni che la Regione stessa – che quelle regole si è data – non ha rispettato e non ha fatto rispettare ai Comuni. Eppure i dati – provenienti dal telerilevamento fatto dalla Regione Calabria nel 2016 proprio su sollecitazione dell’Ona Cosenza – mettono in luce una situazione che non fa stare tranquilli: 11 milioni di metri quadri di coperture. «Ma secondo i nostri studi – ha sottolineato Infusini – si tratta di una cifra sottostimata almeno del 15%».

Ed eccoli, dunque, i dati suddivisi per provincia. A mostrare la situazione peggiore è Vibo Valentia, con 11,14 metri quadri ad abitante; seguono Crotone con 8,94 e Catanzaro con 8,60; infine Reggio Calabria con 4,14 e Cosenza 2,75.

«Bisogna assolutamente intervenire, dobbiamo salvaguardare le future generazioni – ha tuonato – perché le fonti di esposizione diventano sempre più pericolose». Con il tempo, infatti, e gli eventi atmosferici, cresce l’usura dei manufatti che così liberano le fibre di amianto. «Regione e Comuni devono intervenire a tutela della salute pubblica», ha rimarcato.

Una salute pubblica che, a distanza di anni dalla messa al bando di questo materiale, continua a esserne minacciata. Con conseguenze disastrose. Quando si parla di amianto infatti si parla di mesotelioma pleurico, un tumore con prognosi infausta direttamente correlato all’esposizione alle fibre di asbesto. «Ho visto persone colpite da questa malattia che sono venute alla nostra sede e che sapevo che dopo qualche anno non avrei più rivisto», ha raccontato il presidente dell’Ona Cosenza.

C’è poi un aspetto finanziario, fondamentale per le bonifiche. Ma anche questo finora ignorato. Strumento principale per una programmazione è il Prac, il Piano regionale amianto, che la Regione avrebbe dovuto licenziare entro 180 giorni dall’entrata in vigore dalla legge ma che è diventato operativo solo nel maggio 2017. E adesso è in scadenza, avendo durata quinquennale. «Nel Prac ho trovato alcune spese, vorrei chiedere al neogovernatore se queste spese sono state fatte o erano solo sulla carta – ha detto Infusini –. Ci sono per esempio 140mila euro dedicati a campagne di sensibilizzazione delle Aziende sanitarie provinciali: io non ho mai visto nessuna Asp fare opera di sensibilizzazione per l’amianto».

E poi soldi che c’erano e sono rimasti inutilizzati: 43 milioni di fondi europei messi a disposizione da un bando del 2021 per le bonifiche degli edifici pubblici che non verranno spesi perché il bando è andato deserto. «Hanno partecipato solo 28 Comuni – ha spiegato Infusini – e non è ancora stata fatta la graduatoria. Qui bisogna ripartire da zero».

Anche il Prac è rimasto un documento vuoto. «Abbiamo cercato di interagire con la Regione offrendo la nostra competenza ma fino a oggi non abbiamo avuto riscontri concreti», ha aggiunto Infusini. Ma ci sono tanti punti contenuti nel Piano che, secondo il presidente dell’Ona andrebbero approfonditi. «Manca un progetto politico e tecnico sull’amianto nella nostra regione. Così non se ne esce e l’amianto non è l’ultimo dei problemi», ha affermato.

Che fare, allora? Intanto «ripartire da una ricognizione di tutti gli enti sovracomunali. Per esempio i consorzi di bonifica: l’ultimo dato del 2004 dell’Urbi (Unione dei consorzi) parla di 390 chilometri di condotte. Ma il Piano regionale dice che sono situazioni sottostimate perché una ricognizione vera non c’è mai stata. Ci sono depositi con enormi quantitativi di materiali in amianto abbandonati. La Regione deve intervenire subito. Io durante la campagna elettorale avevo mandato un programma di dieci punti ai candidati governatori e uno dei punti riguardava la creazione di un tavolo di concertazione tra le associazioni di categoria e tutti gli enti dismessi o non dismessi che hanno capannoni abbandonati con amianto, per poi avviare i provvedimenti».

E poi ancora le bonifiche da parte dei privati, per i quali si tratta spesso di spese non sostenibili. «All’articolo 17.1 del Prac, inserito grazie a un’osservazione dell’Ona, è previsto un finanziamento degli edifici privati nell’ordine del 60% dei costi della bonifica – ha evidenziato Infusini –. Chiediamo alla Regione, ma anche ai sindaci di fare rete per spingere la Regione a ottemperare a questa disposizione. Si facciano meno feste e si mettano soldi per la salute pubblica».