Simona Lo Bianco, “custode” dei Giganti di Fallistro, racconta le difficoltà e le prospettive di un territorio splendido che affronta mutamenti epocali: «Qui tante emergenze, dalla processionaria all’aumento della temperatura che rischia di farci perdere una fetta di turismo. Ma possiamo farcela»
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Simona Lo Bianco, Direttore Fondo Fai - I Giganti della Sila, è un’autentica innamorata della nostra terra. Con lei iniziamo la serie di approfondimenti dedicata ai mutamenti climatici, nei quali siamo immersi sempre più. Siamo nel cuore della Sila Grande, tra Camigliatello e Lorica. Anche qui la neve e la pioggia sono eventi sempre più rari. Anche la montagna calabrese sta vivendo una crisi senza o precedenti. Pollino, Sila, Aspromonte sono sempre più a rischio. Fa sempre più caldo. Con Simona facciamo una chiacchierata che diventa sempre più approfondita.
Sappiamo entrambi che il peggio deve ancora venire: si stima che in Italia la temperatura aumenterà di altri 2,5 gradi entro il 2050. Questo significa che nulla sarà più come prima.
«Questo dato un po’ ci sconforta… è anche vero che l’attenzione sul clima è ormai oggetto dei principali summit mondiali che dettano le linee guida ai paesi proprio per mitigare le conseguenze delle nostre azioni sull’ambiente e su tutto ciò che lo riguarda. Forse mi sentirei di dire che ci vorrebbe più sensibilizzazione su questo tema, partendo dai più giovani che condurranno la più grande sfida del futuro: salvare la Terra».
Nuovi orizzonti | Pollino, Sila e Aspromonte a rischio: ripensare l’offerta turistica per salvare la montagna calabrese
Con Simona, che vive direttamente il bosco e le sue meraviglie, parliamo del futuro della Sila Grande. Con un pensiero a Lorica e Camigliatello, affascinanti località turistiche. E non possiamo non evidenziare come da alcuni anni l’invasione della processionaria rappresenta un vero e proprio campanello d’allarme.
«Ritengo che una corretta programmazione degli interventi possa essere la chiave per minimizzare il fenomeno. La processionaria è un insetto e la sua presenza è del tutto naturale, non va estinta. È con l’aumento delle temperature che tale insetto è divenuto un problema. Se ci fosse una programmazione negli interventi, si potrebbe gestire il problema anzitempo. Ma qua si apre un’altra questione: la nebulosità che ruota intorno al tema: gli enti preposti alla lotta alla processionaria cosa stanno facendo per tutelare i nostri boschi? Sicuramente tanto, ma manca una corretta comunicazione ed informazione su questo aspetto. O una reperibilità per tutti coloro che vogliono fare la propria parte, ma che non sanno da dove partire. Ricordiamoci che la processionaria non è una passeggiata e ci sono squadre specializzate ad hoc proprio per la pericolosità della stessa»
È noto fin dall’antichità come le piante siano molto sensibili al clima e ne rivelino le variazioni. Ma l’uomo sta facendo finta di non capire.
«Infatti proprio gli eco sistemi montani rappresentano vere e proprie sentinelle ed anche le nostre montagne ci stanno lanciando “appelli” che non possiamo non ascoltare. Inoltre, la processionaria è anche chiamata “decespugliatore” del Pino perché intacca proprio le piante di Pino. Pensate, ancor di più di Pino Nero (pinus nigra) e cioè l’albero protagonista assoluto dei nostri boschi calabresi, tanto da essere considerato il simbolo per eccellenza della flora calabrese. Questo ci induce ad una riflessione importante: occorre intervenire».
Simona è custode e anima della splendida riserva dei Giganti della Sila. Con Simona un bel gruppo di giovani qualificati e molto motivati gestiscono questo straordinario patrimonio naturale secolare.
«Purtroppo anche la Riserva ha risentito di questo fenomeno che negli ultimi anni si è sempre più accentuato. Le larve di processionaria prediligono come abbiamo detto il Pino Nero ed I Giganti sono proprio Pini plurisecolari di 400 anni. Ciò che ci conforta, ma neanche tanto, è che la processionaria intacca in particolare le piante giovani. Ne deriva che i Giganti sono salvi, tuttavia non nascondo che la presenza della processionaria sui Pini più giovani stia creando grandi problemi, alle piante e alla loro tutela, a anche a noi che ci lavoriamo e a tutte le persone e animali domestici che fanno visita ai Giganti».
Cambierà anche il nostro modello di fare agricoltura. Ma questo può significare, in montagna ma anche in pianura, nuove opportunità e nuove modelli di agricoltura.
«La Sila è popolata da moltissime esperienze positive di giovani che, non con poca fatica, fanno impresa in montagna e portano avanti un modello di sviluppo sostenibile. Non entro nello specifico del tema perché non è di mia competenza, ma conosco già esperienze positive in questo senso. Sono sicura che saranno proprio loro a dimostrare come il legame col territorio possa benissimo andare a braccetto con nuovi modelli innovativi di sviluppo, alla luce dei mutamenti di cui parliamo. È un approccio legato alla capacità di adattamento e flessibilità che dobbiamo dimostrare sempre di più e dai cui si possono ottenere straordinari vantaggi».
Il Turismo potrebbe cambiare completamente faccia. Durante i mesi invernali arriveranno sempre meno gli appassionati degli sport invernali. E sarà una perdita importante.
«Una perdita importantissima! I comprensori sciistici della Sila e dell’Aspromonte hanno comunque un loro bacino d’utenza, andando ad accogliere i turisti delle regioni limitrofe. La conseguenza di questa perdita è senz’altro l’accentuarsi di quella già forte stagionalità di cui risentiamo, nonostante la Calabria sia davvero in grado di poter strutturare una offerta turistica in tutte le 4 stagioni»,
Subito dopo la pandemia, le montagne sono state prese d’assalto. Con l’ulteriore aumento delle temperature si potrebbero ripetere quelle scene. E non è una buona notizia, perché il turismo caotico e confusionario è del tutto irrispettoso della natura. E fa gravi danni all’ambiente
«Anche qui riporto l’attenzione sulla sensibilizzazione. Sensibilizzazione significa regole, rispetto, rigore. Chi non è pronto a capire questi aspetti non è il turista che ci interessa. In questo senso occorrerebbe scremare. Come? Proponendo proposte di visita culturali e naturalistiche improntate sulla sensibilità, andando ad isolare sempre di più il turista poco interessato al rispetto dell’ambiente e delle comunità che lo abitano».
La montagna cambia completamente, così le comunità autoctone sono chiamate a individuare nuove forme di sviluppo per l’economia locale. Le istituzioni devono assolutamente programmare un nuovo modello di crescita e di sviluppo.
Le istituzioni possono e devono supportare i territori dando loro le linee di indirizzo alla luce di tutti questi cambiamenti. Ma occorre una cabina di regia in cui sistematizzare patrimonio e processi e lavorare con una vision comune».
Con Simona parliamo anche dei giovani che stanno completamente abbandonando i piccoli comuni delle aree interne, già in fase di spopolamento.
«Il mio sogno è vedere tutti i giovani calabresi potersi realizzare e costruire un futuro qui. Per questo bisognerebbe dire grazie non solo a chi resta o torna, ma anche a chi è andato via, a chi non ha avuto la fortuna di restare o tornare ma che comunque continua ad amare la propria terra. La Calabria ha qualcosa di ancestrale, viscerale che non si può spiegare».