I primi cittadini contestano le norme che escludono gli enti locali dal processo decisionale: «Così si favorisce la massimizzazione dei guadagni dei privati»
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«I territori sono prima di tutto gli ambienti vitali di chi li abita, e non possono trasformarsi in zone di sacrificio assegnate alla monocultura energetica: devono essere vissuti dagli allevatori, dagli agricoltori, dagli apicoltori, da chi costruisce giorno per giorno un rapporto spirituale ed emotivo con il paesaggio, dagli operatori turistici, dai pescatori, insomma da tutte le categorie che noi rappresentiamo». C’è il sindaco del capoluogo regionale e quello del paesino da mille abitanti, il primo cittadino di una delle perle del turismo calabrese e quello del borgo in montagna che ogni giorno fa i conti con lo spopolamento: sono una trentina in tutto gli amministratori (anche un paio di sindaci della Sardegna, territorio che come quello calabrese, affronta lo stesso problema) che hanno firmato un documento contro l’assalto delle multinazionali delle energie rinnovabili agli ultimi scampoli di territorio che finora sono rimasti fuori dallo sviluppo di nuovi parchi eolici, in mare come soprattutto sulle colline.
Un documento che arriva una manciata di giorni prima del “tuffo condiviso” che domenica vedrà tanti attivisti uniti in un bagno fuori stagione nelle acqua dello Jonio in segno di protesta contro l’ipotesi di nuovi parchi galleggianti da realizzare, da nord a sud, lungo tutta la costa orientale della Calabria. «La transizione energetica si è avviata in Italia impedendo alle comunità locali da noi rappresentate di incidere sull’ubicazione degli impianti per la produzione di energia rinnovabile e su altri aspetti connessi, in grado di pregiudicare i già fragili equilibri dell’ambiente di insediamento delle nostre popolazioni. La nostra osservazione comune è che ci troviamo nello stesso tempo di fronte ad un sintomi e a una causa di aggravamento della crisi del sistema democratico».
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Sono proprio le nuove semplificazioni normative dettate dal decreto energia emanato dal ministro Pichetto Fratin (che ha trovato immediata sponda nel piano energetico regionale firmato dalla giunta Occhiuto) che hanno messo all’angolo le amministrazioni territoriali, marginalizzate di fatto dal percorso decisionale per l’autorizzazione dei nuovi parchi. Decisioni calate dell’alto, che hanno aperto le porte all’invasione di progetti da realizzare un po’ ovunque sul territorio regionale (un paio di questi fortunatamente bocciati in sede di conferenza dei servizi, ipotizzati anche all’interno del parco regionale delle Serre) e che sembrano andare in controtendenza anche rispetto all’accelerazione sull’autonomia differenziata tanto sponsorizzata dal Governo centrale.
«Per scongiurare la “sindrome di nimby” – scrivono ancora i primi cittadini nella lettera aperta – da tanti commentatori evocata e demonizzata quando danno conto delle diffuse proteste territoriali, la transizione energetica deve essere giusta, incardinata dentro percorsi politici e democratici e non può essere attuata in palese violazione del dettato costituzionale. Nessun principio costituzionale può essere sacrificato per realizzare un altro o, men che meno, per perseguire un contingente “prioritario interesse nazionale”: i singoli valori espressi e tutelati dalle disposizioni della Costituzione sono tutti assoluti e dello stesso rango, all’interno di un impianto complessivo orientato a promuovere la dignità della persona umana nel suo contesto ecologico e sociale. Le leggi vigenti in materia energetica invece puntano a massimizzare i guadagni di un settore economico privato a scapito tra l’altro dei soldi versati al fisco dai cittadini».