Fumi densi, spesso color grigio antracite, quasi neri. Fumi carichi di diossina nel pieno centro della città, alle spalle dell'ospedale Giovanni Paolo II. Da tempo immemore Lamezia è vittima dei roghi del campo rom di Scordovillo, chiusa in un abbraccio potenzialmente mortale. A nulla sono valsi gli avvertimenti del Prefetto, lo schieramento delle forze dell'ordine, gli arresti. Nel campo rom più grande del Sud Italia si bruciano quasi quotidianamente rifiuti e pneumatici.

 

 

Ora la nuova denuncia del sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro che si è rivolto alla Procura con una denuncia per inquinamento ambientale.

 

 

«Sono certo si procederà con celerità ad identificare e sottoporre a provvedimento cautelare tutti gli autori di tali illegittimi comportamenti così come avvenuto a seguito della querela presentata il 22 luglio 2015», sostiene il primo cittadino, «nessuno può permettersi di infrangere impunemente le regole della comunità civile. Il Comune, a sua volta, intensificherà i controlli ed accelererà le procedure finalizzate all'acquisizione dei necessari finanziamenti per lo sgombero del campo rom».

 

 

La parola d'ordine rimane, infatti, 'sgombero'. Uno sgombero richiesto ormai da tempo dalla Procura della Repubblica. Era il 18 marzo del 2011 quando il ghetto venne sequestrato e per i circa 800 occupanti ipotizzato il concorso nei reati di invasione di terreni e di edifici pubblici nonché abusivismo edilizio. Da allora poco è stato fatto. Sono circa 300 i rom che sono stati portati via dal campo, spesso in un vero e proprio braccio di ferro con gli abitanti dei quartieri in cui sono stati dislocati.

 

 

Intanto, nel campo si continua a 'bruciare' e le esalazioni, complice il vento, arrivano anche molto lontano con il loro carico di potenziali malattie respiratorie, danni neurologici, neoplasie.