È una rovere ed ha quasi mille anni. La latifoglia più vecchia di clima temperato è stata scoperta nel Parco Nazionale dell'Aspromonte. Grazie alla datazione al radiocarbonio, ben 5 roveri del Parco hanno rivelato età plurisecolari che vanno dai 570 ai 934 anni. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista "Ecology".

La scoperta, secondo gli esperti, ha una grande rilevanza scientifica. L'albero più antico, denominato Demetra, dimostra che le roveri che crescono nei pendii rocciosi della fascia altitudinale altomontana mediterranea possono raggiungere età millenarie. La sorprendente età di Demetra la rende il più antico albero di latifoglie di clima temperato datato al mondo, espandendo la longevità massima conosciuta di oltre 300 anni per le latifoglie datate con metodi dendrocronologici (due faggi di 620 anni scoperti due anni fa nel Parco Nazionale del Pollino e soprannominati Michele e Norman) e di 200 anni rispetto ad età precedentemente ottenute da analisi al radiocarbonio (due querce dalla Romania).

 

«Studiare la longevità degli alberi in risposta ai cambiamenti climatici in ambienti diversi, è una priorità di ricerca sia per la conservazione della natura sia per le strategie di mitigazione del cambiamento climatico», afferma Gianluca Piovesan dell'Università degli Studi della Tuscia, dipartimento Dafne.

«La scoperta di queste longeve roveri nell'ambiente montano d'alta quota dell'Aspromonte conferma l'elevato livello di naturalità degli ecosistemi forestali nelle aree protette dell'Appennino meridionale» afferma Antonino Siclari del Parco Nazionale dell'Aspromonte.

I Parchi Nazionali dell'Aspromonte, della Sila e del Pollino si trovano nella parte meridionale della regione mediterranea europea, un hotspot di biodiversità per la conservazione degli ecosistemi forestali. «Il campionamento è stato particolarmente arduo per due ragioni»  spiegano Jordan Palli e Michele Baliva del DendrologyLab dell’Università degli Studi della Tuscia: «In primo luogo, questi antichi alberi si trovano su ripidi pendii rocciosi di alta montagna, difficili da raggiungere e da percorrere. In secondo luogo, individui molto vecchi risultano spesso cavi nella parte interna del fusto a causa di secoli di esposizione alle intemperie, ad organismi nocivi e patogeni naturali”. Ciò significa che gli anelli più antichi sono spesso mancanti o gravemente degradati, rendendo molto difficile l'identificazione e la raccolta degli anelli più vicini al midollo per la datazione con il metodo del radiocarbonio.

«Nel DendrologyLab abbiamo effettuato una meticolosa analisi allo stereoscopio per identificare gli anelli più vecchi nei nostri campioni” aggiungono Michele Baliva e Jordan Palli, “date le dimensioni molto ridotte degli anelli, abbiamo dovuto utilizzare un bisturi per prelevarli». Le analisi di datazione al radiocarbonio sono state condotte grazie all’AMS (Accelerator Mass Spectrometry) presso il Cedad (Center for Applied Physics, Dating and Diagnostics) dell'Università del Salento a Lecce.

«L'uso del metodo di datazione al radiocarbonio ci ha permesso di valutare l'età assoluta degli alberi con un alto grado di accuratezza mentre strumenti statistici avanzati per l'analisi dei dati ci hanno aiutato a migliorare la risoluzione cronologica raggiunta” afferma Gianluca Quarta, professore di Fisica Applicata al Cedad. “Questi alberi longevi - dice Lucio Calcagnile, Direttore del Cedad - sono testimoni del nostro passato. La storia del nostro clima, dell'attività solare, dell'impatto dell'uomo sull'ambiente è registrata nei loro anelli e siamo certi che altre importanti scoperte arriveranno»