Il 22 giugno 2023 uno sversamento di percolato dall’impianto di località Pipino mise in allarme il territorio. Ne seguì una lunga battaglia e tanti (troppi) silenzi. Ma la Procura riaccende i riflettori
Tutti gli articoli di Ambiente
PHOTO
Anche la Procura di Castrovillari vuole vederci chiaro. Se non è una vittoria è, perlomeno, un passo avanti nella ricerca di quella verità che Legambiente – assieme a cittadini, amministratori e altre associazioni del territorio – chiede da un anno e mezzo. Da quel 22 giugno 2023 quando alle prime ore del mattino alcuni allevatori del posto notano qualcosa che non va nelle acque in cui gli animali si abbeverano quotidianamente. Qualcuno gira un video con il telefonino, lo manda al referente locale di Legambiente e da qui parte la denuncia. I carabinieri arrivano in località Pipino, a Scala Coeli, e mettono i sigilli alla discarica gestita dalla Bieco srl – società con sede a Corigliano Rossano – per effettuare tutti gli accertamenti del caso. Alla fine quello che viene accertato è che un’enorme massa di percolato – che più tardi la Regione quantificherà in 15mila metri cubi – è fuoriuscita dall’impianto di smaltimento finendo nel vicino torrente Patia/Cacciadebiti e da qui nel fiume Nicà che scorre in quella che è l’omonima Biovalle, territorio vocato all’agricoltura biologica.
Dai primi rilievi eseguiti dai militari emerge che la perdita è stata causata da una rottura del tubo di aspirazione del percolato che avrebbe dovuto consentire lo stoccaggio in un’apposita vasca in attesa del definitivo smaltimento.
Sul posto arrivano anche gli uomini della ditta che gestisce la discarica, chiamati a mettere in sicurezza il sito. Seguono giorni di domande e di mancate risposte, di timori e allarmi lasciati cadere nel vuoto. Cosa sta succedendo in località Pipino? Cosa devono temere gli agricoltori e allevatori della Biovalle del Nicà? E gli altri abitanti del territorio? E i turisti, considerato che la stagione balneare è lì lì per iniziare?
Passano settimane di silenzio, poi gli amministratori della Bieco fanno sapere: è tutto a posto, il percolato fuoriuscito è stato aspirato e l’impianto messo in sicurezza. «Si è scongiurato – si legge in una nota del 5 agosto 2023 – il verificarsi di ogni ulteriore pericolo per l’ambiente e prevenuta qualsivoglia situazione di danno ambientale». Caso chiuso? No, perché all’appello mancano ancora (e tuttora) i dati provenienti dalle analisi fatte sul posto dall’Arpacal. Che mentre si affretta a far sapere che in mare non c’è alcun inquinamento, salvando così la stagione turistica, sul resto tace. E tace nonostante sollecitazioni e dubbi legittimi. Anche perché, prima di essere rimosso, il percolato è rimasto per giorni all’interno di bacini artificiali nei quali era stato “confinato” per evitare che continuasse ad andarsene in giro. Cosa è successo in quel lasso di tempo? Sono finite sostanze nocive nel terreno quali idrocarburi e metalli pesanti? E se sì, quanto di questo materiale è penetrato nelle falde?
Se lo è chiesto Legambiente assieme a quanti dall’inizio hanno preteso di vederci chiaro. Reclamando trasparenza e al più presto la bonifica dei luoghi. Se lo sono chiesti i presidenti nazionale e regionale dell’associazione, Stefano Ciafani e Anna Parretta, e prima di loro se lo è chiesto Nicola Abruzzese, il battagliero referente del circolo Nicà da cui è partita la denuncia del 22 giugno 2023. E che già in tempi non sospetti aveva inviato esposti e segnalazioni alle autorità adombrando presunte anomalie strutturali e gestionali nell’impianto di Scala Coeli.
Dopo lo sversamento, più volte Abruzzese è tornato a mettere i piedi nel fango per documentare lo stato dei luoghi e continuare a chiedere conto dell’accaduto. Lo ha fatto parlando, tra i primi, di «disastro ambientale». Un’ipotesi che ha trovato terreno fertile tra gli inquirenti della Procura di Castrovillari, che proprio partendo da quest’eventualità hanno iscritto nel registro degli indagati cinque persone: l'amministratore della Bieco srl proprietaria dell’impianto, i due amministratori della società esecutrice dei lavori relativi all'impianto, l'amministratore della società che ha realizzato l'impermeabilizzazione dell'invaso, il direttore dei lavori. Secondo l'ipotesi investigativa avrebbero concorso nel reato supposto realizzando e gestendo la discarica nonostante una serie di gravi criticità sotto il profilo progettuale e gestionale che sarebbero all'origine di quanto accaduto il 22 giugno 2023.
La palla, ora, è in mano a donne e uomini della Giustizia, a cui toccherà fare definitivamente chiarezza su una vicenda dai contorni ancora indefiniti. Cercare la verità. E metterla nero su bianco. Se disastro ambientale c’è stato (e c’è) e se qualcuno dovrà prendersene la responsabilità.