L'associazione esprime dubbi sulla regolarità delle procedure messe in campo subito dopo lo sversamento di percolato avvenuto un mese e mezzo fa e lamenta il silenzio nonostante una richiesta di accesso agli atti: «Le popolazioni della valle hanno il diritto di sapere»
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«In quel di Pipino tutto è possibile. Il codice ambientale nello stato di Pipino non “vale”. Dopo oltre un mese dallo sversamento del percolato dalla discarica in località Case Pipino comune di Scala Coeli avvenuto oramai il 22 giugno 2023, a quanto pare ci si muove a tentoni mortificando il codice ambiente». Il circolo Legambiente Nicà torna a farsi sentire sulla questione, ancora tutta aperta, dell’impianto finito sotto i riflettori – nonché sotto sequestro – ormai un mese e mezzo fa.
«L’art. 242 del Dlgs 156/2006, nel caso di specie, prevede che la Bieco avrebbe dovuto comunicare nell’immediato ai Comuni interessati, alle Province, Regione e prefetture interessate lo sversamento del percolato, effettuare un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) non sia stato superato, ne dà notizia, con apposita autocertificazione, al Comune ed alle Province competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione», scrive in una nota l’associazione ambientalista.
Che prosegue: «Nei successivi 15 giorni ArpaCal avrebbe dovuto verificare la veridicità della autodichiarazione. Qualora l'indagine preliminare accerti l'avvenuto superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione Csc anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al Comune ed alle Province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla Regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione».
Questa la prassi, sulla base della quale Legambiente chiede: «A distanza di oltre un mese dallo sversamento del percolato, cosa è stato fatto di tutto ciò? Per quanto sopra il nostro circolo in data 15 luglio 2023 ha inviato alla Prefettura di Cosenza, alle Province di Cosenza e Crotone, nonché ai Comuni di Scala Coeli, Cariati, Crucoli e Terravecchia, al Dipartimento Ambiente della Regione Calabria e al presidente della Giunta regionale Roberto Occhiuto richiesta di accesso agli atti chiedendo copia della comunicazione di cui al comma 1 dell’art. 242 Dlgs 152/2006, copia dell’autocertificazione di cui al comma 2 dell’art. 242 dlgs 152/2006 e copia della notizia con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate e il piano di caratterizzazione di cui al comma 3 dell’art. 242 dlgs 152/2006».
«Da profani, quello che abbiamo visto – aggiunge – è che la Bieco ha asportato (e non tutto) il percolato dai corsi d’acqua. Mentre dal Dipartimento Ambiente, dopo un affrettato tavolo tecnico del 06/07/2023 a distanza di oltre trenta giorni dallo sversamento nulla trapela in merito allo stato di contaminazione e all’eventuale piano di caratterizzazione. Perché non si divulgano i dati delle indagini? Se da una parte le indagini ArpaCal sono secretate dalla Procura, non lo saranno di certo le indagini preliminari della Bieco e né tantomeno l’eventuale autocertificazione di non superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione».
Perché tutta questa segretezza? È quello che si chiede il circolo Legambiente, che conclude: «Le popolazioni della BioValle del Nicà hanno il diritto di sapere se l’ambiente che li circonda è salubre oppure no. Restiamo fiduciosi nell’operato degli organi inquirenti».