«Stiamo lavorando». La Bieco, società proprietaria della discarica di contrada Pipino a Scala Coeli, rassicura. Lo ha fatto – o perlomeno ha provato a farlo – nel corso del tavolo tecnico convocato in Regione il 6 luglio, lo fa oggi in una nota in cui butta acqua sul fuoco – anzi nell’acqua (sporca, almeno questo è pacifico) – della vicenda iniziata il 22 giugno scorso, con lo sversamento di percolato nella Valle del Nicà.

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La società garantisce di essere in «fase avanzata» e di aver messo mano agli interventi necessari «dal primo giorno». A oggi di giorni ne sono passati 18 e, secondo il cronoprogramma fornito dalla stessa Bieco in Cittadella, dovrà passare almeno un’altra settimana prima che il percolato che ancora galleggia bene in vista venga aspirato e condotto lontano dai luoghi del disastro.

I rappresentanti della ditta hanno specificato di aver già rimosso 9mila dei 15mila metri cubi totali dispersi nell’area – 10mila sversati subito e 5mila che si sono aggiunti per via dell’azione delle acque sorgive.

Sui tempi di intervento non mancano i dubbi e le contestazioni, che la società rimanda però al mittente assieme agli allarmi di quelli che chiama «sedicenti ambientalisti». Che però, dal canto loro, continuano a interrogarsi sugli effetti di quanto è successo anche alla luce del permanere del percolato negli «invasi temporanei» di cui ha parlato il dirigente generale del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, Salvatore Siviglia, nel corso del tavolo tecnico.

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«Si calcola che il percolato filtri nella sabbia mista a ghiaia di 8-10 centimetri al giorno. Quindi a oggi il percolato è filtrato nel terreno di quasi due metri», afferma Nicola Abruzzese, presidente del circolo Legambiente Nicà. Allarmismo ingiustificato o legittime perplessità?

Di certo, sul luogo del disastro – riconosciuto ormai come tale anche dalla Regione Calabria dopo la convocazione dell’incontro a Catanzaro – Abruzzese ci sta tornando più volte. Mostrando anche in video lo stato attuale dei luoghi. Chiazze galleggianti confinate da argini di terra facilmente soggetti a un maltempo che si spera non arrivi mai prima della completa rimozione del materiale inquinante.

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«Questo era un torrente con acque chiare – spiega Abruzzese mostrando il Patia, affluente del Nicà – che gli agricoltori utilizzavano per irrigare le proprie coltivazioni». Una valle di produzioni biologiche che oggi, innegabilmente, appare meno verde di ieri.

«Questo più rimane qui e più filtra nelle falde», sottolinea ancora il presidente del circolo locale di Legambiente, che tra le altre cose continua a chiedere chi pagherà agricoltori e allevatori per i danni subiti. «Sono le domande che poniamo al dirigente del Dipartimento Ambiente Siviglia e al presidente Occhiuto», che Abruzzese invita a convocare una conferenza stampa sul territorio per spiegare cosa è successo e cosa sta succedendo.

Mentre nella vicina Mandatoriccio i consiglieri comunali d'opposizione Egidio Carlino, Francesco Antonio Pugliese e Marianna Filippelli proprio stamattina hanno richiesto la convocazione di un consiglio comunale straordinario «per affrontare la delicata e importante tematica dell'incidente ambientale avvenuto alla discarica di Scala Coeli». Ingiustificato allarmismo o giustificato allarme?