Soverato, località Poliporto. Qui ogni dieci anni circa, in seguito alle mareggiate, riemerge dal mare una cava di macine di età romana  che si estende per circa 2 chilometri. «E’ una cava antica che è stata coltivata forse per 1500 anni e che ha avuto diverse fasi di vita e diversi probabilmente sono stati gli usi – spiega Angela Maida presidente del gruppo archeologico Paolo Orsi -. Può darsi che oltre a una cava di macine e altri manufatti, sia stata utilizzata per ricavare il sale o per allevare pesci. L’evento sta molto a cuore ai cittadini soveratesi che si sentono legati a questi luoghi in quanto sono quelli in cui i nostri avi quotidianamente vi lavoravano».

Il fascino del passato

Un’area  archeologica dal fascino straordinario, nota anche per le cosiddette “grotticelle”. Basta alzare gli occhi infatti e notare una necropoli risalente all’età del bronzo, un’altra delle risorse culturali di pregio di questo territorio. E’ una necropoli di circa 1500 anni prima di Cristo che oggi ha circa 3000 anni. Un’area che ricade nel parco marino baia di Soverato e che per il gruppo archeologico Paolo Orsi, da sempre in prima linea per la valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale del territorio, bisogna  tutelare e salvaguardare.

Soverato, tra mare e terra

«Soverato possiede una peculiarità che non tutte le località calabresi hanno. E’ vero che le spiagge ci sono dappertutto ma avere tutto questo significa avere qualcosa in più. E potrebbe contribuire a migliorare e risollevare l’economia soveratese, sia con i percorsi archeologici subacquei che con i percorsi terrestri. Questo itinerario infatti si potrebbe associare al giardino botanico, a Soverato vecchia, alla Pietà del Gagini conservata a Soverato superiore. E’ un’offerta turistica della quale tutta la comunità potrebbe avvantaggiarsi.  Dalle cartografie storiche del 1440 che sono state pubblicate sul nostro libro “Soverato tra mare e terra”, abbiamo potuto notare inoltre che in quest’area c’erano anche due attracchi portuali. Un fatto importante che si collega alle sorgenti idriche che noi abbiamo sulla costa».

Valorizzare l'area

L’augurio dunque per il gruppo archeologico Paolo Orsi è che il mare possa ricoprire le macine prima che l’uomo possa fare dei danni. «Ma speriamo anche che possa restare qualcosa di visibile e che gli operatori turistici del settore non coprano tutto con la sabbia per sistemare gli ombrelloni in modo che le persone che vengono qui si possano rendere conto di stare su un’area archeologica di una certa importanza».