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Torna al centro della questione ambientale territoriale la discarica di Bucita, dopo essere stata per anni oggetto di attenzioni e proteste. Sull’ex sito di conferimento consortile, tra i più importanti della Calabria e oggi avviato verso la definitiva bonifica, sarebbe riapparso lo spettro della speculazione. E a preoccupare le associazioni ambientali del comprensorio ionico è proprio la fase di revamping, finanziata dalla Regione Calabria che sta interessando l’area e in particolare i lavori di keeping effettuati di recente per mettere al sicuro la grande buca della discarica e limitare, così, la produzione di percolato.
Terra e popolo lancia l'allarme speculazione
«In realtà – è quanto sostiene Flavio Stasi, del movimento Terra e Popolo - la copertura, costata in variante oltre 600mila euro e realizzata da pochi mesi, sarebbe già saltata, probabilmente a causa degli ultimi eventi atmosferici. Uno spreco di soldi pubblici – ha dichiarato Flavio Stasi – perché come avevamo già annunciato, questi interventi di copertura provvisoria senza un piano di caratterizzazione e la bonifica della discarica pubblica di servizio del’impianto, che noi chiediamo da anni. Oggi, dopo che la regione ha speso circa 600mila euro, a distanza di pochissimo tempo scopriamo che la copertura è sostanzialmente inutile. Ciò significa che l’acqua piovana andrà a creare ulteriore percolato, che saranno necessarie altre spese per il prelievo e lo smaltimento del percolato stesso, ma soprattutto significa altro inquinamento per il nostro territorio. Qualcuno dunque – ha concluso Stasi – ci dovrebbe spiegare che fine hanno fatto questi 600mila euro. Se davvero sono stati investiti e come!»
E si tratterebbe solo del progetto provvisorio. “pensate quanto ci costerà la copertura definitiva!”, ironizza ancora Stasi.
«Attendiamo fiduciosi chiarimenti e risposte urgenti da parte dei responsabili»
«È evidente – conclude Stasi -che, qualora non venga chiarita la situazione, saremo costretti a rivolgerci nuovamente alla Procura della Repubblica e questa volta anche alla Procura della Corte dei Conti, chiedendo evidentemente se i seicento mila euro di soldi dei calabresi, ai quali vanno aggiunti i costi di raccolta e smaltimento del percolato, siano stati effettivamente spesi nell'interesse della collettività o meno».