L’audizione dei tecnici della Regione Iannone e Aloisio rimette al centro l’urgenza di partire con la rimozione dei rifiuti pericolosi. Nell’area archeologica l’impasse è totale: «È tutto fermo dal 2018 dopo vari contenziosi, in quella zona c’è anche amianto»
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Se le audizioni del generale Emilio Errigo e del procuratore Domenico Guarascio sono state, in buona parte, secretate, c’è un pezzo dei racconti sulla bonifica di Crotone che è ben visibile ma non meno preoccupante. Michelangelo Iannone, direttore generale dell’Arpacal, si incarica di riportarlo ai parlamentari della Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
Il dg dell’Arpacal: «Stiamo continuando a inquinare»
In uno degli incontri dello scorso febbraio il tecnico va subito al punto: «Anche le azioni che sono state poste in essere, tipo l’emungimento (cioè l’estrazione di acqua da falde sotterranee, ndr) che viene fatto continuamente, non sono assolutamente sufficienti in questo momento a prevenire l’arrivo di alcune sostanze in mare e la dispersione di queste sostanze nell’ambiente». Sono soltanto palliativi, non bastano: «In base ai nostri dati analitici, noi troviamo ancora la dispersione di diversi inquinanti nell’ambiente nonostante ci siano dei presìdi di prevenzione di questo. È evidente che queste attività vanno portate avanti con decisione, perché comunque stiamo continuando a inquinare con questa situazione».
Maria Stefania Marino, deputata del Pd, sposa subito la linea di Iannone: «Apprezzo quello che ha detto, perché si capisce che è la verità».
«Troviamo fluoruri, solfati, antimonio e arsenico»
Il direttore generale di Arpacal illustra meglio il concetto: «Parto dal monitoraggio della barriera idraulica, che è in corso. Sicuramente è una barriera funzionante. Però, nonostante funzioni, noi continuiamo a trovare nei piezometri (strumenti che permettono di descrivere le condizioni delle acque presenti nel sottosuolo, ndr) diversi inquinanti, tra cui fluoruri, solfati, antimonio, arsenico, e sono i piezometri dove noi andremo a fare periodicamente le analisi che si trovano nell’area esterna della discarica ex Pertusola. A monte ci sono i pozzi di emungimento, più avanti abbiamo i piezometri dove noi troviamo questi superamenti».
Gli strumenti di misurazione sono disseminati nell’area che porta verso la spiaggia: «Nel 2020 – spiega Rosario Aloisio, direttore dell’Arpacal di Crotone – abbiamo chiesto in Conferenza dei servizi di ubicare sei piezometri a valle delle due discariche fronte mare. Lì si stanno registrando dei superamenti, ma non lo dice solo l’Arpa, lo dice la stessa Eni nei rapporti che sta inviando a tutti gli enti. Lì ci sono delle eccedenze, dei superamenti di metalli e altri composti organici. Il problema si pone».
Iannone evidenzia che il numero dei pozzi che intervengono sull’inquinamento delle falde è elevato: «54 pozzi di emungimento continui che vengono portati a depurazione è un’attività veramente molto importante, molto mirata. Figuriamoci cosa succederebbe se non ci fossero, presidente».
Iannone: «La bonifica va fatta al più presto»
Nonostante tutto, il livello di inquinamento cresce e Iannone si dice dispiaciuto di dover essere «scontato» ma non può farne a meno: «Questa è una bonifica che va fatta assolutamente al più presto». La situazione di impasse non può continuare: «Qual è l’esigenza della bonifica? È quella di togliere di mezzo la possibilità che questi inquinanti vadano a finire nel mare. Quindi, dal punto di vista tecnico, al di fuori di ogni altra considerazione, ogni soluzione è buona, purché tolga la possibilità di lisciviazione».
Perché «se cade la pioggia sugli inquinanti, quella per forza laverà una parte di questi inquinanti e li porterà a mare. Se questi inquinanti sono a contatto con una falda acquifera, sicuramente la falda si inquina e sono costretto a recuperare e a continuare a lavorare. Noi, in pratica, non stiamo facendo altro che riportare indietro gli inquinanti, depurarli per quanto è possibile, ma poi cade di nuovo la pioggia e ricominciamo».
Nell’area archeologica la bonifica è ferma dal 2018
Carla Giuliano, parlamentare del M5S, chiede a che punto sia la bonifica dell’area archeologica, «rispetto alla quale ci sono stati dei finanziamenti anche abbastanza importanti, ma non si capisce bene che fine hanno fatto. State continuando a fare dei controlli?». La risposta di Iannone è anche in questo caso specchio dello stallo: «All’area archeologica la bonifica è ferma dal 2018. Siamo al punto zero». Aloisio fa un po’ di cronistoria: «Nel 2004 è stata effettuata la caratterizzazione ambientale, dove i suoli e le acque hanno registrato dei superamenti. Dal 2004 poi, sono passati sette anni per l’approvazione del primo progetto di bonifica. Il ministero ha approvato un progetto di bonifica pilota che prevedeva l’utilizzo di piante che avessero questa capacità di assorbire alcuni metalli e solo nel 2015 è stato affidato dal Comune a una società per le attività di campo. Le attività di campo prevedevano un monitoraggio delle matrici ambientali che doveva essere controllato pure dall’Arpa. Lo abbiamo fatto per due anni controllando suoli e acque. Poi, dopo due anni, la società è andata il contenzioso con il Comune e le attività di bonifica sono state sospese. Nel frattempo, abbiamo anche avuto la sorpresa di trovare dei rifiuti contenenti amianto, depositati in quell’area, e dei rifiuti contenenti Norm, con la radioattività naturale. A tutt’oggi non ci risultano attività in essere su questo tipo di rifiuti che sono stati trovati in quest’area. La bonifica dal 2018 è ferma». Intanto il livello di inquinanti aumenta e continua la lotta contro il tempo per evitare che i metalli pesanti arrivino al mare e nelle falde acquifere.