«Non c'è margine di interpretazione a queste parole: i rifiuti pericolosi rimarranno a Crotone». È quanto denuncia il Comitato “Fuori i veleni. Crotone vuole vivere”, in merito allo smaltimento di rifiuti pericolosi della bonifica nell’area industriale della città pitagorica.

Una considerazione che nasce dalla lettura del passaggio conclusivo della lettera – riportata nel comunicato stampa del sodalizio – con cui Eni Rewind, tramite il Program Manager Sicilia - Calabria, Stefano Lifone, pochi giorni fa ha informato i vari Enti interessati, tra cui la Procura della Repubblica di Crotone, di aver trovato gli impianti di smaltimento fuori dalla Calabria. «(...) l’avvio delle attività di scavo dello Stralcio del POB Fase 2 avverrà, nel rispetto del Decreto del 1°agosto 2024, a partire da gennaio 2025 tramite l’utilizzo dell’impianto D15 in regime di deposito temporaneo per il successivo conferimento (...) dei rifiuti pericolosi nella discarica di Sovreco. A partire dalla seconda metà del 2025, a seguito del rilascio delle notifiche transfrontaliere Eni Rewind potrà attivare anche il canale di smaltimento estero per i rifiuti pericolosi (...) quale soluzione complementare al conferimento presso la discarica Sovreco».

Il Comitato punta il dito: «Per 4 anni Eni Rewind non fa partire i lavori della bonifica asserendo che non vi fossero impianti fuori dalla Calabria e che i rifiuti dovevano andare a Sovreco e paradossalmente lo dice anche quando annuncia di aver trovato gli impianti all'estero. Assurdo. L'Isin aveva certificato che gli impianti all'estero erano disponibili anche nel 2021. Oggi, Eni Rewind decide di scoprire che gli impianti all'estero ci sono. Ma perché lo fa adesso?».

La mancata bonifica 

Il sodalizio ripercorre la storia: «Il 24 settembre 2024 il dg del Ministero, Luca Proietti, invia diffida ad Eni Rewind, intimando l’inizio delle attività di bonifica attraverso l’utilizzo del un deposito D15 (deposito preliminare), già realizzato all’interno del sito dell’ex Pertusola sud. Una vasca di contenimento per i veleni, costata circa 6 milioni di euro e 2 anni di realizzazione, creata così da poterli analizzare e certificare assegnandogli un codice (Cer) nel più breve tempo possibile, un passaggio propedeutico per il conferimento in una discarica autorizzata a ricevere quei precisi codici. Il Paur, redatto ad agosto 2019, subordina l’uso di tale deposito, esclusivamente al momento in cui viene individuato e definito il contratto con l'impianto di destinazione finale fuori dalla Calabria, cosi che veleni una volta avuto il codice identificativo vadano subito fuori regione. Il Paur – ricorda il Comitato - è stato creato proprio per evitare che qualcuno potesse utilizzare il D15 (deposito preliminare) con l'obiettivo di lasciare i veleni all'interno, così da convertirlo da deposito preliminare a discarica di scopo. Tanto, il nuovo piano di gestione dei rifiuti regionale, approvato il 12 marzo, permette proprio la realizzazione di discariche di scopo in aree di bonifica».

Così, «in risposta alla richiamata diffida del Ministero, Eni Rewind fece presente che la Regione Calabria, come da impegni presi, avrebbe dovuto rimuovere il Paur altrimenti quel deposito all'interno dell'area ex Pertusola non poteva essere utilizzato. È proprio così. Due erano le soluzioni per poter utilizzare il D15:
1) rimuovere il Paur
2) avere un contratto con impianto autorizzato allo smaltimento fuori regione.
In quel momento – specificano i cittadini - eravamo al punto che la Regione Calabria non avviava procedura per superare il Paur mentre il gen. Errigo, reduce da uno scouting con Forze investigative ed Armate aveva presentato in Conferenza dei Servizi, al Mase, un elenco con 5 discariche calabresi per giunta non autorizzate a ricevere rifiuti pericolosi, asserendo che non vi erano discariche all'estero».

Veniamo ad oggi: «Il Tar – si fa presente – a breve si pronuncerà proprio sul ricorso avverso al decreto del primo agosto a firma del dg del Mase, Proietti. Eni Rewind comunica di aver trovato all'estero impianti idonei e disponibili ma dice, ci vorranno 8 mesi per ottenere le autorizzazioni extra frontaliere e tiene a precisare che il trasporto dei rifiuti in impianti fuori dalla Calabria sarà una "soluzione complementare al conferimento presso la discarica Sovreco". A tal proposito è bene ricordare che è stato proprio l'Ad di Sovreco, De Luca, durante una conferenza stampa nel mese di maggio scorso ad affermare che “la Sovreco non ha disponibilità a ricevere rifiuti contenenti amianto”».

«Veleni fuori dalla Calabria»

Il Comitato di cittadini incalza: «I veleni devono essere portati fuori da Crotone e dalla Calabria, come prescritto dal Paur assunto dal Decreto ministeriale del 3 marzo 2020 che, non a caso, su questo punto non è stato oggetto di alcuna modifica. Di conseguenza, circa lo smaltimento dei veleni, si conferma la necessità di soluzioni fuori da Crotone e dalla Calabria. L'annuncio dell'individuazione da parte di Eni, di impianti autorizzati all'estero deve costituire l'avvio immediato delle operazioni di bonifica finora colpevolmente omesse da parte di Eni. Nessuno pensi di riproporre giochi ingannevoli magari ricorrendo ad un cambio di strategie per realizzare lo stesso obiettivo: lasciare i veleni a Crotone».


Per il sodalizio «è necessario assumere le iniziative più adeguate, che ad Eni Rewind certamente non sono sconosciute, per accelerare le procedure che consentano di avere la disponibilità degli impianti all'estero e far partire così la bonifica. Al dg del Ministero, dott. Proietti, chiediamo di intervenire per accelerare questo processo. Non ci sono più alibi. Nemmeno quello fasullo della mancanza di impianti fuori regione, ora che persino Eni Rewind lo ha annunciato. Al gen. Errigo, che continua a dire che nella discarica di Sovreco arrivano pericolosi da tutta Italia mentre si impedisce di conferire i veleni della bonifica, chiediamo di uscire dal vago e di fornire alla Procura della Repubblica gli elementi in suo possesso. Piuttosto che utilizzare reiteratamente questo argomento per sollevare dubbi che alimentano la disinformazione – rimarcano - è suo dovere informare subito gli organi competenti al rispetto della legalità.
Il suo compito – concludono - è quello di tutelare il territorio e la comunità anche attraverso una informazione corretta, per la quale si è dotato, tra l'altro, di una struttura, che abbiamo appreso dalla stampa, costare qualche milione di euro, con sede a Roma oltre che a Crotone. Risorse queste che gravano sul risarcimento del danno ambientale su Crotone, che Eni ebbe dal Tribunale di Milano nel 2012».