La sentenza del tar che ha accolto il ricorso di alcuni cittadini obbliga la Città metropolitana e la Cittadella a rivedere propri piani rispetto smaltimento dei rifiuti, che vede soprattutto il territorio reggino soffocato da una perenne emergenza (ASCOLTA L'AUDIO)
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Tutto da rifare. La sentenza del Tar di Reggio che, di fatto, annulla il decreto n 8449 con cui la Regione autorizzava il sostanziale raddoppio dell’impianto Tmb di Siderno, manda a gambe per aria l’intero sistema di rifiuti nella provincia di Reggio (di cui Siderno, assieme a Gioia Tauro e Sambatello, è una delle tre gambe portanti) e a cascata, il piano rifiuti predisposto dalla Regione.
Una sentenza a suo modo storica che dà ragione ad alcuni cittadini di San Leo, la zona agricola tra Siderno e Locri adiacente alla fiumara Novito dove si trova l’impianto, che avevano proposto davanti ai giudici amministrativi una serie di ricorsi nel tentativo di bloccare i lavori di “revamping”.
Una sentenza che arriva dopo il precedente pronunciamento del Tar, che una manciata di mesi addietro aveva bocciato un analogo ricorso presentato dalla terna prefettizia che guidava allora il centro jonico, e che costringerà Regione e città Metropolitana a rivedere i propri piani rispetto ad un problema, quello dello smaltimento dei rifiuti, che vede il territorio reggino soffocato da una perenne emergenza.
Il piano rifiuti
Con il Programma regionale di gestione dei rifiuti, redatto nel 2016, la Regione aveva individuato Siderno come uno degli otto ecodistretti calabresi. Il Tmb presente sul territorio, al pari degli impianti di Sambatello e Gioia Tauro nel Reggino e di Catanzaro e Rossano, avrebbero dovuto così trasformarsi in moderno impianto di trattamento del rifiuto differenziato.
Nello specifico, l’impianto di Siderno, già al centro di numerose polemiche per il poderoso impatto ambientale provocato, sarebbe dovuto diventare, «nell’ottica di un sistema integrato ed ispirato ad una logica di economia circolare del rifiuto», una «avanzata piattaforma di valorizzazione della raccolta differenziata, secco e umido e di recupero» con l’installazione di una linea per il trattamento anaerobico dei rifiuti. Una profonda trasformazione per l’impianto esistente che vide la protesta del territorio e che convinse la Regione a fare un passo indietro nel 2019, dirottando la piattaforma anaerobica a Gioia Tauro e riducendo il volume dei rifiuti trattati dalle 40mila tonnellate annue previste originariamente, alle 18mila attuali.
Le bocciature del Tar
Ed è proprio il volume complessivo di rifiuti da trattare nell’impianto di San Leo uno dei motivi che hanno convinto il Tar a bocciare il decreto che, utilizzando un finanziamento di 42 milioni di euro che svanirà se non utilizzato entro il prossimo 31 dicembre, avrebbe dovuto consentire l’ampliamento dell’impianto. Nel 2019 infatti il Paur (provvedimento autorizzativo unico regionale) che dava il la all’iter per il “revamping”, aveva arbitrariamente aumentato a 20mila, le tonnellate annue da lavorare a Siderno.
Un surplus irregolare che i giudici amministrativi censurano rimarcando «l’evidente errore progettuale ovvero lo scostamento delle previsioni di piano, mentre è pacifico in atti che le 2000 tonnellate annue in più rappresentano un ingiustificato “surplus” determinante lo sforamento del complessivo Forsu da smaltire in modalità aerobica presso l’impianto di Siderno».
E se molte delle censure avanzate dai residenti di San Leo riguardo all’impatto ambientale provocato dal sostanziale raddoppio dell’impianto previsto, sono state bocciate dal Tar reggino, i giudici amministrativi hanno invece accolto altri 3 punti dell’articolato ricorso, sottolineando gli errori procedurali della Regione in merito ai progetti di costruzione della strada di accesso al sito (il cui progetto, sostengono i giudici, è stato arbitrariamente stralciato dai tecnici regionali e non è stato sottoposto ai procedimenti di Valutazione di impatto ambientale, Aia e Vinca), alla mancata pubblicazione sul sito regionale di tutti gli aspetti e le controversie che avrebbero meritato una discussione pubblica, e le mancate considerazioni dei disagi provenienti da rumore e puzza che l’impianto avrebbe provocato alle abitazioni poste vicine alla struttura: abitazioni che la Regione aveva trasformato, nei progetti presentati, in aziende agricole.