Sulle spiagge dei circa 720 chilometri di costa della Calabria, dopo un mese e mezzo dall’apertura ufficiale della stagione balneare non sono ancora esposti i cartelli con le dovute informazioni sulla qualità delle acque e sulle specificità e criticità di ogni singolo tratto di litorale. È quanto si legge in una nota a firma degli “Amici della Terra”, associazione ambientalista presieduta dal geologo Mario Pileggi.


In assenza della dovuta esposizione della cartellonistica di competenza comunale, per ottenere qualche informazione sulle condizioni delle acque marine - si legge ancora - è necessario collegarsi via internet al sito web del Ministero della salute oppure al sito web della regione Calabria dove è pubblicata la classificazione sulla qualità delle acque fatta alla fine del 2016 per l’apertura ufficiale dell’attuale stagione balneare.


I dati delle analisi e classificazioni ufficiali delle acque di balneazione fatte dall’Arpacal e pubblicate sul sito web della Regione mostrano il prevalere di un eccellente stato di salute sia del Tirreno che dello Jonio calabrese. Nonostante le immagini di alcuni tratti di mare sporco che circolano in rete, l’Arpacal ha certificato la qualità eccellente delle acque marine in corrispondenza di più 600 chilometri di costa calabrese, ben oltre il 90% dei circa 670 chilometri di costa adibita alla balneazione. 

 

Prelievi, analisi e classificazioni effettuate dall’Arpacal documentano acque inquinate solo in corrispondenza di 21 aree che rappresentano circa il 2% di tutte le aree adibite alla balneazione in Calabria. Questi tratti con divieto temporaneo di balneazione riguardano: 13 tratti della provincia di Reggio Calabria, 5 tratti della provincia di Cosenza, 2 tratti della provincia Vibo Valentia e un tratto della provincia di Crotone.

Gli stessi dati forniti dall’Arpacal evidenziano alcune serie criticità in particolare nella città di Reggio Calabria dove lunghi tratti di spiaggia sono vietati alla balneazione. Nello specifico su 25 aree destinate alla balneazione 11 sono non balneabili per inquinamento: “Pellaro Lume”, “Lido Comunale Zerbi”, “Circolo Nautico”, “Lido Comunale Pontile N”, “Circolo Velico”, “Gallico Limoneto”, “Lido Comunale Pontile S”, “Pentimele”, “500 M N Tott. Annunziata”, “Catona – Bar Reitano” e Gallico-Lido Mimmo. Le criticità di Reggio Calabria non si registrano sul litorale di Messina dove solo 3 delle 30 aree adibite alla balneazione sono con divieto.

 

Le cause delle criticità in Calabria sono state individuate e descritte dalla stessa Arpacal in un precedente Report dove tra le altre cose si legge: “Le problematiche rimangono tendenzialmente non risolte e quasi sempre dovute al malfunzionamento di alcuni depuratori costieri e di scarichi abusivi che giungono a mare tramite canali o torrenti. La situazione appare peggiore in caso di campionamenti eseguiti in presenza di pioggia, vicino alle foci di fiumi soprattutto nel periodo tra aprile e maggio o durante i mesi estivi quando il maggior numero di abitanti equivalenti causa inconvenienti al funzionamento dei depuratori costieri.”


Le criticità dei mari che bagnano la regione che potevano e devono essere superate non devono offuscare le specificità del prezioso patrimonio costiero regionale che costituisce il 20% della disponibilità di costa balneabile dell’intera Penisola. Un dato da non sottovalutare perché è una quantità superiore a quella disponibile complessivamente in sei regioni bagnate dal Mar Adriatico: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo, Molise e Marche.

Le specificità delle spiagge naturali della regione nonostante il riconoscimento dei requisiti necessari per meritare 16 Bandiere Verdi e 7 Blu restano ancora poco valorizzate e conosciute dentro e fuori la Calabria. Poco conosciuti e spesso letti in modo superficiale anche i dati riportati nel Dossier Mare Monstrum di Legambiente. Nel rapporto 2017, ad esempio, nella tabella della “Classifica del Mare Illegale per Km di costa” ben undici regioni precedono la Calabria: l’Emilia Romagna al 4° posto; il veneto al 5° posto; l’Abruzzo al 6° posto; la Liguria al 9° posto.

Tra le specificità del patrimonio costiero della Calabria da non oscurare ci sono gli assetti idro-geomorfologici che favoriscono la presenza e lo sviluppo della più grande varietà di habitat e forme di vita in ambiente acquatico e terrestre. La straordinaria biodiversità e le specificità degli ecosistemi presenti nelle acque del Tirreno e dello Jonio della regione sono testimoniate, tra l’altro, dall’elevato numero di specie marine rare sottoposte a protezione da Direttive europee e dalla Convenzione di Rio de Janero. La ricca geodiversità della regione ha, tra l’altro, favorito una rilevante varietà di spiagge naturali formate da frammenti di rocce di tutte le ere geologiche e specificità rare come gli ammassi granitici dello Jonio e del Tirreno calabrese generati dallo stesso magma che ha generato le più note coste granitiche della Sardegna dalle quali sono stati separati a seguito d’imponenti movimenti della crosta terrestre iniziati milioni di anni fa e ancora in atto nel Tirreno.

Varietà di terre e acque ricche di minerali e sostanze che alimentano una grande varietà di vegetali e animali e anche di quei preziosi prodotti enogastronomici presi in considerazione dal New York Times per inserire la Calabria tra i luoghi da visitare nel 2017.
Oltre alla grande varietà di preziosi aspetti naturalistici, paesaggistici ed ambientali in corrispondenza dei circa 720 chilometri di fascia costiera della Calabria esiste un rilevante e unico patrimonio archeologico a partire dai manufatti risalenti al Paleolitico di Casella di Maida nel Golfo di Sant’Eufemia e del Neolitico di Favella della Corte nella Piana di Sibari a seguire con i resti databili tra l’ VIII ed il V secolo a.C. dei centri abitati della Magna Grecia.

 

Accendere i riflettori sulle specificità della bio e geodiversità – si legge in conclusione - che caratterizzano gli assetti idrogeomorfologici dei litorali e del patrimonio costiero può stimolare le attività e gli interventi per mantenere il mare sempre pulito e per porre fine ai danni provocati dall’erosione costiera, dalle alluvioni e crolli provocati da eventi naturali prevedibili come le correnti marine, mareggiate e pioggia.