VIDEO | Giuseppe Infusini, presidente della costola cosentina dell’Osservatorio, polemizza per lo spreco dei fondi: «La Calabria aveva necessità di utilizzarli. Stiamo valutando azioni che vadano al di là della semplice protesta» (ASCOLTA L'AUDIO)
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I dati ufficiali sono quelli del telerilevamento portato a termine dalla Regione Calabria nel 2015: quasi 11 milioni di metri quadri di coperture in amianto, una media di 5,5 metri quadri ad abitante. Crotone è la provincia messa peggio: quasi 570mila metri quadri con una media di 9,6 metri quadri ad abitante. Dati che non fanno stare tranquilli, vista la pericolosità di questo materiale, e che secondo Giuseppe Infusini, presidente dell’Ona Cosenza (costola dell’Osservatorio nazionale amianto che dal 2011 monitora la situazione in tutta la regione) sono sottostimati: «Da verifiche fatte in alcuni comuni abbiamo notato come i numeri reali si discostino da quelli del telerilevamento: bisogna calcolare un 15-20% in più».
Eppure la Calabria non ha mai cercato di affrontare davvero il problema. Si è mossa in ritardo con una legge regionale arrivata solo nel 2011, quasi vent’anni dopo la messa al bando nazionale del 1992, e la stessa legge è rimasta in gran parte lettera morta. Finanziamenti per le bonifiche, pur se contemplati dalla norma, non se ne sono mai visti. Né per i privati né per gli edifici pubblici, e quelli disponibili si è fatto in modo di rimandarli indietro: 43 milioni di euro del Fondo di sviluppo e coesione dell’Unione europea assegnati alla Regione nel 2019 dal Ministero dell’Ambiente e recentemente revocati dal Governo per una minuscola, ma enorme negli effetti, questione di «mancata comunicazione» della volontà di utilizzo delle risorse. E questo nonostante due bandi, nel 2020 e nel 2021, con termini di scadenza prorogati più volte, il primo dei quali si era concluso con l’approvazione di un primo elenco di interventi finanziabili. «Del secondo – dice Infusini – non si è saputo più niente».
Presidente Infusini, ci si nasconde spesso dietro alla mancanza di soldi da destinare alle bonifiche. Stavolta c’erano e non sono stati sfruttati, che danno è?
«Un danno gravissimo sotto tutti gli aspetti. Sotto l’aspetto sanitario sicuramente ma anche sotto quello occupazionale, visto che le bonifiche avrebbero creato lavoro. Tutto ciò denota una grave irresponsabilità politica. Noi il rischio lo avevamo denunciato a suo tempo».
La giustificazione del dipartimento Ambiente è stata che comunque non ci sarebbero stati i soldi per il ripristino delle coperture dopo la rimozione delle vecchie.
«È un’affermazione che è un’aggravante alla cattiva condotta degli organi regionali. Noi abbiamo sollecitato più volte l’utilizzo di questi fondi, abbiamo interagito con i Comuni che avevano presentato le richieste. Ma ci sono danni anche per le Ferrovie della Calabria che avevano fatto richiesta per alcuni loro edifici. Questa è una perdita enorme per la quale stiamo pensando ad azioni diverse da quella della semplice protesta. È stato anche detto che non ci sarebbero stati i tempi perché i fondi andavano spesi entro il 31 dicembre 2022 ma non è vero, i tempi c’erano eccome perché i fondi andavano solo impegnati entro questa data».
In altre regioni questi fondi sono stati sfruttati a dovere…
«In questo momento sto svolgendo attività professionale nella bonifica di un edificio scolastico nel comune di Sassari. La Regione Sardegna ha avuto 35 milioni di euro e li ha impegnati quasi tutti. Stanno facendo le gare e con una procedura molto più snella».
Qui invece ci si è comportati come se non ci fosse bisogno di questi soldi.
«La Calabria aveva necessità di utilizzare questi fondi perché anche qui si muore di amianto per esposizione di origine professionale ma anche ambientale. Ci sono casi che sono venuti alla luce grazie al nostro Osservatorio e che riguardano morti per mesotelioma pleurico e peritoneale – patologie direttamente correlabili all’amianto – in comuni come Rende, Castrolibero, Corigliano-Rossano e non solo. Abbiamo tra le mani vicende che riguardano molti ex dipendenti delle Ferrovie della Calabria che stiamo trattando in sede giudiziaria».
Con la Regione che interlocuzioni avete avuto?
«Il confronto con la Regione è stato un nostro obiettivo costante fin da quando ci siamo costituiti nel 2011. Abbiamo chiesto diversi incontri alle vecchie amministrazioni senza alcun riscontro se non un’udienza in commissione Ambiente nel 2015, a seguito della quale però non è accaduto nulla. Dopo l’insediamento di Occhiuto speravamo in una maggiore sensibilità al problema ma è stato come sbattere contro un muro di gomma. Ho più volte telefonato e scritto personalmente al dipartimento Ambiente e al segretario particolare di Occhiuto, ma non sono mai riuscito a parlare con il governatore, le risposte sono state sempre evasive: è un grave segno di noncuranza e irresponsabilità. Sono riuscito soltanto ad avere due incontri al dipartimento e a parlare con i dirigenti, mi è stata mostrata disponibilità, ma senza un progetto politico i tecnici possono fare poco».
Tra gli adempimenti previsti dalla legge regionale c’è il Prac, Piano regionale amianto della Calabria, che è il documento più importante per la pianificazione in materia. Neanche su questo siamo in regola?
«È un’altra nota dolente. C’è un’assenza totale da parte della Regione. Il Prac è stato approvato a dicembre 2016 assieme al piano di gestione rifiuti e pubblicato a maggio 2017. Ha validità quinquennale ma andrebbe aggiornato ogni due anni, invece è scaduto a maggio 2022 e non si sa cosa la Regione stia facendo in merito. I Comuni, dal canto loro, non hanno nessuna indicazione su come muoversi. Noi queste cose le abbiamo segnalate, ma senza un settore dedicato in Regione diventa complicato gestire tutto: nelle tante stanze della Cittadella la parola amianto non esiste».
Ha fatto riferimento ai Comuni, alcuni negli ultimi anni hanno fatto qualche passo avanti, anche con il vostro supporto.
«Molti si adoperano per cercare di capire come muoversi, ma hanno grosse difficoltà. Per dirne una, sulla gestione delle segnalazioni c’è molta “libertà”: non essendoci indicazioni specifiche, alcuni sindaci si muovono in modo improprio o non si muovono proprio. Poi c’è, per esempio, il Comune di Mandatoriccio, che ha redatto assieme a noi e approvato il Piano comunale amianto. In alcuni centri gestiamo assieme alle amministrazioni gli sportelli amianto e tanta gente che viene a segnalare il possesso di manufatti ci chiede: “Ma poi ci saranno dei contributi per la rimozione?”».
E voi cosa rispondete?
«Noi diciamo che è scritto nel Prac che la Regione si impegna a fornire ai Comuni i fondi per le bonifiche da destinare ai cittadini. Però è solo teoria: il processo non funziona se manca l’anello fondamentale che è quello della Regione Calabria, la quale non ha previsto neanche un euro per le bonifiche dei privati. La Sicilia ha messo a disposizione 20 milioni di euro attraverso il proprio portale istituzionale, nell’home page della Regione Calabria non c’è neanche un cenno all’amianto».
Manca secondo lei la percezione del problema?
«La percezione è scarsa. Fino a quando non si hanno conoscenze dirette di gente ammalata quasi non ci si crede. Noi registriamo malattie e morti sospette dove ci sono grandi concentrazioni di amianto. Ci sono tante strutture sparse sul territorio regionale con una grossa presenza di questo materiale, soprattutto capannoni industriali. Come ho già detto, abbiamo rilevato diversi casi correlati sia all’esposizione professionale sia a quella ambientale. Ci sono morti accertate per amianto tra gli ex lavoratori delle Ferrovie della Calabria, tra quelli dell’ex centrale termoelettrica del Mercure, per esempio. Ma quello che preoccupa di più è che stiamo registrando anche casi di mesotelioma da esposizione ambientale, cioè in persone che l’amianto non lo hanno mai maneggiato: dalle indagini che abbiamo fatto abbiamo visto che l’amianto lo avevano vicino a casa».