Michele Cotroneo, allenatore e direttore sportivo del Catona Calcio, con una visione audace racconta la scelta di affrontare lo Sporting Polistena al Granillo, un impianto storico che conferisce prestigio all’incontro. Pur sottolineando le difficoltà logistiche che la squadra sta affrontando, non perde la speranza di poter presto tornare a giocare al Reitano, un sogno che continua a perseguire. Il match, valido per la 24esima giornata del campionato di Prima Categoria, metterà di fronte prima in classifica (Polistena) contro seconda (Catona). 

Riguardo alla stagione in corso, Cotroneo descrive ogni partita come una “finale”, con la squadra che affronta ogni sfida con la grinta di chi combatte fino all’ultimo. Il direttore sportivo, in vista della partita di sabato, sottolinea l’importanza del supporto incondizionato dei tifosi, essenziale per la squadra, ma allo stesso tempo esorta al rispetto reciproco, affinché l’incontro sia vissuto come una vera e propria giornata di sport.

Il legame con il Catona è profondo, un marchio indelebile sulla pelle, simbolo di una passione travolgente e di una responsabilità che Cotroneo sente come propria. Una stagione fatta di sfide, sogni e una volontà incrollabile di puntare sempre più in alto.

Come state gestendo le difficoltà legate alla situazione logistica dei campi? E quali sono le vostre speranze riguardo al ritorno al Reitano?
«La situazione è davvero difficile. Purtroppo, il campo sportivo di Villa San Giovanni presenta diverse problematiche. Gli infortuni che stiamo subendo sono strettamente legati a questo campo, e continuiamo a fare i conti con infortuni ripetuti. Questo ci ha penalizzati notevolmente. Le partite le giochiamo a Campo Calabro, ma purtroppo non è possibile allenarsi lì, anche a causa degli alti costi economici. Speriamo che il Reitano venga finalmente completato, perché, dopo il danno causato dall'atto vandalico, sembra che ci sia finalmente speranza. Ci auguriamo che, dal prossimo anno, potremo tornare a giocare a casa nostra».

Qual è stata la motivazione che l'ha spinta a prendere la decisione di giocare al Granillo?
«Qualche tempo fa, il mio amico e direttore sportivo dello Sporting Polistena Vincenzo Ciccia, durante una conversazione telefonica dove si discuteva del match tra le nostre squadre, mi ha raccontato che da Polistena ci sarà un grande afflusso di persone e questo mi ha invogliato a cercare un altro campo. Ho fatto delle verifiche, ma tutti gli impianti erano già occupati. A quel punto, spinto dalla sua idea, ho deciso di fare richiesta per il Granillo. Inizialmente pensavo che non l'avrebbero mai accettata, ma con grande sorpresa, successivamente ho ricevuto l’autorizzazione. Certo, le spese sono ingenti, ma questa partita va giocata al Granillo, anche per il prestigio che rappresentano entrambe le società».

Che emozione proverà a giocare al Granillo, considerando la storicità di quel campo e l'importanza che ha?
«Sarà un'emozione importantissima. Penso che tutti gli amanti del calcio vorrebbero giocare al Granillo. Il Granillo per noi è storia: dieci anni di Serie A con la Reggina di Lillo Foti. Giocare al Granillo è un sogno che diventa realtà per tutti noi».


Quando si pensa alla storia recente del Catona Calcio, non si può fare a meno di menzionare il suo nome. Come vive questa responsabilità e il forte legame con la squadra?
«Ero già nel Catona insieme a Nello Violante, quando siamo riusciti a raggiungere l'Eccellenza. Tuttavia, a causa della mancanza di risorse, gli altri dirigenti decisero di fondersi con Gallico, ma io non ero d'accordo. Così, ho preso la decisione di rifondare il Catona calcio dalla Terza Categoria insieme al presidente Peppe Lagana e al direttore Iurmanò. Anche senza il mio contributo diretto, la squadra è arrivata in Prima Categoria, ottenendo ottimi risultati. Il Catona è qualcosa che porto nel cuore, ma anche sulla pelle: "Catona Calcio" è il mio tatuaggio, un segno indelebile che mi lega a questa squadra, dentro e fuori dal campo. Quel nome è impresso su di me, un legame che va oltre ogni parola».

Come sta vivendo la squadra questa settimana prima di una partita così cruciale?
«La viviamo normalmente. Sappiamo tutti che la partita è importante e che l'unico risultato possibile è la vittoria. Tuttavia, affrontiamo una squadra forte che lotterà per la vittoria. Se vincono, credo che il campionato sia chiuso. Per noi è fondamentale vincere.
Gli infortuni hanno colpito diversi giocatori importanti, come Calarco, Mallamaci e Buda».

Quanto hanno inciso queste assenze sul rendimento della squadra?
«Hanno pesato tantissimo e continuano a pesare. Marcianò, che è un centrocampista, sta giocando come difensore centrale. Stiamo perdendo molto a centrocampo. Calarco, Mallamaci, Buda sono titolari, sono giocatori di categoria superiore. Anche l'assenza di Tripodi è un grosso problema, dobbiamo adattare i ragazzi domenica per domenica».

La squadra del Polistena sta vivendo una stagione di grande livello. Si aspettava un campionato così competitivo da parte dei rossoverdi?
«Inizialmente no, perché non conoscevo i ragazzi e quella era la prima esperienza di mister Babuscia con la squadra dei grandi. Tuttavia, successivamente, hanno disputato un campionato straordinario, riuscendo a unire entusiasmo, squadra e città. Poi è arrivato un altro tecnico di grande valore come Gambi, uno dei mister che avrei voluto, ma per motivi logistici non è riuscito a venire da noi».

Come gestisce il doppio ruolo di direttore sportivo e allenatore?
«Lo vivo con serenità, ma sono consapevole che è anche una grande responsabilità. Devo molto al professor Salvatore Gangemi. Il lavoro più impegnativo lo svolge lui durante la settimana, gestendo ogni aspetto con grande dedizione. Poi, nel fine settimana, ci confrontiamo per capire insieme le scelte da fare».

Si parla molto di Reginaldo, ma anche di Sasà Lancia, vice capocannoniere della Prima Categoria. Cosa pensa del rendimento di entrambi i giocatori e del loro contributo alla squadra?
«Sasà Lancia è senza dubbio uno degli attaccanti più forti della Prima Categoria. Ha sempre segnato 20-25 gol a stagione ed è molto affiatato con Reginaldo, con cui forma una coppia davvero efficace in attacco. Per noi, Reginaldo è una figura fondamentale. Non è solo un grande professionista, ma anche una persona che dà tanto alla squadra, sia in campo che fuori, trasmettendo esperienza e valori importanti ai ragazzi. La sua presenza, inoltre, ha un peso anche in termini di visibilità, e da quando è arrivato, non possiamo che essere felici della sua aggiunta al gruppo».


Con sette partite da giocare e molte definibili come "finali", come approccia la pressione di questo momento decisivo della stagione?
«Quello che ho detto ai ragazzi fino a domenica scorsa glielo dirò anche sabato. Ogni partita è una finale, ma dobbiamo affrontare tutte le squadre con massimo rispetto e determinazione. La vittoria è l'unico risultato che ci interessa e solo alla fine potremo fare i conti».

La partita di andata contro lo Sporting Polistena, con quella rimonta incredibile, è stata un momento memorabile. Come l'ha vissuta la squadra e lei personalmente?
«La squadra ha vissuto la partita con grande determinazione. Il Polistena non aveva mai perso, ma noi siamo riusciti a imporsi a centrocampo, un aspetto che ci ha permesso di ottenere il risultato. Eravamo consapevoli che quella vittoria non significava automaticamente la conquista del campionato, ma è stata comunque una grande soddisfazione. Una partita ben giocata, che ci ha dato la conferma della nostra forza e della nostra crescita, ma senza illuderci che fosse già il traguardo finale».

C’è qualche partita di questa stagione che le lascia un rimpianto? Un momento che, se potesse, affronterebbe in modo diverso?
«La partita con la Campese è l'unico rimpianto. Abbiamo macinato gioco, creato tante azioni, ma la palla non è mai entrata. Alla fine, abbiamo perso con un contropiede nell'ultimo secondo. Quello è l'unico rimpianto che ho».


Guardando la rosa della sua squadra, molti si chiedono come mai il Catona debba rincorrere in classifica. Come spiega questa situazione?
«A mio parere, le assenze hanno pesato tanto. Se fossimo stati al completo, la classifica sarebbe sicuramente diversa».

Ha delle abitudini particolari o rituali scaramantici il giorno della partita? Cosa farà sabato mattina prima dell’incontro?
«Ogni sabato abbiamo una piccola tradizione. Andiamo al bar, prendiamo un caffè e ci sediamo sempre nello stesso posto, come una sorta di rito che ci mette nelle giuste condizioni. Personalmente, anche io ho le mie piccole abitudini, come vestirsi sempre con gli stessi abiti prima delle partite. Sono cose che, in un certo senso, mi danno tranquillità e mi aiutano a concentrarmi».

Qual è il messaggio che vuole trasmettere ai tifosi in vista della partita?
«Mi auguro che i tifosi vengano numerosi allo stadio, perché questa partita è davvero importante per noi. Li invito a sostenerci con passione, ma anche a mantenere sempre un comportamento corretto e rispettoso, sia verso i nostri giocatori che verso gli avversari. Il calcio è prima di tutto un gioco e, alla fine dei 90 minuti, tutti siamo amici, al di là di chi vince o perde».

Fuori dal mondo del calcio, chi è Michele Cotroneo? Quali sono i suoi sogni e le sue aspirazioni nella vita quotidiana?
«Al di fuori del campo sono una persona che non si ferma mai, sempre proiettata verso il futuro e desiderosa di fare progressi, sia nella vita che nel lavoro. Il mio sogno più grande è vedere mia figlia laurearsi. Oltre a questo, un altro sogno che ho è portare il Catona il più in alto possibile, dare il massimo per raggiungere traguardi che ci soddisfino tutti».