Premessa. Al Presidente della Viola Carmelo Laganà, ai dirigenti, ai membri del Supporter Trust della Pallacanestro Viola andrebbe fatto un encomio. Hanno avuto il coraggio di guardare fra le macerie, hanno avuto la forza di voler risollevare uno dei vessilli che, in ambito sportivo, più lustro ha dato a Reggio Calabria. Hanno e si sono spesi per la Viola, donando tutto quel che potevano regalarle. 

Tre anni intensi e proficui: la promozione e il ritorno in Serie B, una salvezza ai playout e addirittura la ciliegina della qualificazione ai playoff nell’ultima stagione. Non si poteva francamente far meglio di così, anche per merito del solito ottimo lavoro di Giuse Barrile e Domenico Bolignano (con relativo staff). Persone perbene, con la Viola nel cuore, abituate a far diventare brillante anche il più grezzo dei diamanti.

Incrinato

Oggi, però, la magia non sta riuscendo,  producendo uno strazio che, di domenica in domenica, fa male a tutti. A chi va in campo, a chi dietro la scrivania, ai pochissimi che vanno al Palazzetto. Sì, dobbiamo dircelo: il problema è anche che la Viola non ha il tifo degli anni d’oro e nemmeno di argento e bronzo. Le presenze al PalaCalafiore sono sempre più sparute e non si dica che il poco pubblico sia frutto delle sette sconfitte in fila di questo avvio di stagione: non ricordiamo pienoni, sinceramente, neanche l’anno scorso, quando la squadra entusiasmava in regular season o in post contro Rieti.

Duranti esulta dopo la qualificazione ai playoff dello scorso

Il motto

Uno dei claim che seguì la ripartenza dopo la tragicomica fine del precedente ciclo è stato “Qui non si muore mai”. Bisogna, però, guardarsi negli occhi, ricalcando quanto avviene sui social e porsi una domanda che pesa. Ha senso continuare a far vivere così quello che in molti chiamano “il mito Viola”? La nostra, chiaramente, è una provocazione: mai vorremmo che il basket a Reggio sparisse ne mai vorremmo che il cuore neroarancio smettesse di battere.Continuare a collezionare figure barbine in giro per l’Italia, tuttavia, non rende onore ne al club, ne alla sua storia e nemmeno agli sforzi dei tanti professionisti che vi lavorano.

Cosa servirebbe? Aiuto. Da parte di tutti: dalla città, intesa come amministrazione e comunità. La Viola sta viaggiando da sola, il suo seguito scalda decisamente più nelle spoglie palestre in cui si gioca in trasferta che fra le mura amiche. Sarebbe bello, poi, vedere una seria e concreta mano dagli imprenditori: a Reggio, certo, ce ne sono pochi ma sinceramente non riteniamo possibile che una città come quella dello Stretto non riesca a produrre nessun soggetto che possa o voglia investire nel basket. Tanto per dire: Ruvo di Puglia, Cassino e Bisceglie - non proprio metropoli - sono le prime tre della classifica del girone D e da diverse stagioni spendono e cercano di vincere.

Infine un plauso, per non dimenticarsi di nulla, a Lega Nazionale Pallacanestro. Un campionato che decide di far giocare Reggio Calabria contro Padova, Lissone e Orzinuovi piuttosto che con Salerno, Avellino o Pozzuoli. La pietra tombale su un bilancio economico di una società che, per due anni, si è trovata a far fronte con una pandemia e diversi lockdown. Non ritorniamo a commentare sull’indubbia intelligenza della scelta fatta, ci limitiamo a ricordarla al culmine di un’analisi che non avremmo voluto fare, ma a cui siamo stati costretti dopo un avvio semplicemente desolante.