Tra Avellino e Catanzaro non vi fu nessun accordo. La conferma dopo il pronunciamento della Corte Federale d’Appello, la quale ha respinto il ricorso della Procura Federale. L’accusa si era attivata a dicembre per valere le sue pesanti richieste (retrocessione all’ultimo posto per i due club e inibizioni di varia durata per i tesserati coinvolti) dopo la sentenza di proscioglimento emessa dal Tribunale Federale Nazionale. Si chiude così il processo sportivo scaturito dall’inchiesta Money Gate sulla presunta combine nella gare del 5 maggio 2013, quando Catanzaro e Avellino si sfidarono nel campionato di Lega Pro con vittoria biancoverde che valse la promozione in Serie B.

 

Come finì in primo grado

 

Il 19 dicembre scorso per il Collegio non vi fu «la certezza del raggiungimento di un accordo finalizzato ad alterare il risultato della partita Catanzaro-Avellino in assenza di alcun riscontro – in atti – in ordine ad un contatto diretto con i vertici istituzionali dell’Avellino coinvolti nell’indagine prima e dopo la partita stessa (tranne l’incontro mai negato al bar dello stadio nell’imminenza della gara), di un effettivo coinvolgimento di tutti i calciatori nella vicenda in questione, di alcun contatto successivo fra i due Presidenti (il Cosentino pare – per espressa affermazione delle parti non riscontrata, tuttavia, agli atti, in assenza del necessario supporto probatorio - sia stato intercettato sia telefonicamente che ambientalmente per un discreto lasso di tempo), nonostante, appunto, il Cosentino avesse vantato rapporti di amicizia con “i Presidenti” dell’Avellino (anche quest’affermazione appare contraddittoria giacché dagli atti non emerge quali siano i due Presidenti nella Società avellinese)». Per questo motivo il  Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare dispose il proscioglimento dei deferiti.