In vista dell’asta per l’acquisto del simbolo della squadra amaranto il leader di Alternativa popolare in un video rimprovera al primo cittadino l’uso dei soldi pubblici per partecipare alla gara
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La storia, anche recente, dimostra come il binomio tra calcio e politica sia spesso da evitare, nonostante qualcuno pensi che tutto è politica e che la politica c’entri in tutto. Limitandoci alle vicende amaranto però, forse, si è andati oltre. Più di qualcuno ha provato, a volte riuscendoci e a volte no, a strumentalizzare la cosa a proprio vantaggio, creando più lacerazioni che unità. In attesa di capire, dopo la scadenza prevista oggi a mezzogiorno, quanti e quali saranno pretendenti al marchio e il lotto di beni della Reggina 1914, a tenere viva e sempre calda la questione ci ha pensato il solito Stefano Bandecchi che senza tanti fronzoli, in un videomessaggio diffuso dai suoi canali social, ha prima rimproverato al sindaco Giuseppe Falcomatà di voler impegnare soldi pubblici nell’acquisto del marchio Reggina, mandandolo poi letteralmente a “quel paese” in risposta ad alcune dichiarazioni rilasciate dal primo cittadino reggino sull’integrità del sindaco di Terni e leader di Alternativa popolare.
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Un siparietto non richiesto ma in pieno stile bandecchiano, senza peli sulla lingua e con un linguaggio alquanto colorito, che cavalca anche una polemica in atto in città, sull’opportunità della delibera licenziata dalla giunta comunale che autorizza Palazzo San Giorgio a partecipare all’asta. Il video è stato girato in auto, durante uno degli spostamenti del numero uno di Alternativa popolare, impegnato in prima persona nella campagna elettorale per le europee. «Volevo fare due chiacchiere a proposito del marchio della Reggina – ha esordito Bandecchi -, e a prescindere che io sono uno che lascia sempre libertà a tutti, ma vorrei capire dal sindaco di Reggio Calabria: ve lo prendevo e ve lo regalavo io. Vi ringrazio di voler pagare voi il simbolo della Reggina con 100mila euro, 105, 106, di soldi pubblici. Soldi pubblici caro sindaco – sottolinea il leader di AP -. Da sindaco lo dico e te lo dico, secondo me è una mossa proprio non molto intelligente, però credo che la Corte dei Conti sia lì pagata appositamente per andare a vedere le minchiate che tu vuoi fare».
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Bandecchi poi sottolinea che non aumenterà l'offerta - «che è quella giusta» - già presentata. «Non voglio creare difficoltà a voi, a Reggio, all'attuale squadra che ha il marchio diciamo di Reggio e nemmeno ai tifosi della Reggina con i quali mi vanto di avere un buon rapporto». Poi, i toni salgono. «Dico semplicemente che lì siete rincoglioniti, questo lo voglio dire con sincerità, li in Comune di Reggio. Perché state buttando i soldi dalla finestra». Ma non basta, perché Bandecchi coglie l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «A proposito poi della tua battuta – dice riferendosi sempre a Falcomatà - che non puoi prendere soldi o doni da persone non di integerrima moralità, non ti mando a fare in c*** perché sono un uomo rispettoso. Se vuoi ci possiamo incontrare così ti spiego direttamente da vicino cosa vuol dire essere integerrimi, a me gli omini non mi sono mai piaciuti».
Bandecchi prosegue ricordando che lui non è ancora stato mai condannato, nemmeno in primo grado, e lo dice ricordando la vicenda giudiziaria di Falcomatà, bloccato dalla legge Severino per poi essere “assolto” in Cassazione. Poi l’arringa finale: «Non ti permettere mai più di offendermi, è l'ultima volta che io prenderò un’offesa dal Comune di Reggio e da te. Ti saluto e spero che questo simbolo questo marchio importante della Reggina tu lo sappia custodire. Il fatto di non volerlo da me, gratuitamente, fa di me un uomo più ricco con 100mila euro in tasca. Lì, veramente, in Comune non ci capite proprio un c**. Procedi come credi sindaco».
Falcomatà: «Andiamo avanti, vedremo che succederà»
Le parole di Bandecchi sono ovviamente diventate subito virali. Il sindaco Falcomatà, però fa spallucce. Intercettato alla manifestazione elettorale del Pd che ospitava la segretaria nazionale Elly Schlein, il primo cittadino ha deciso di non rispondere al collega ternano. «Non rispondo nulla. Non ho letto nulla, e sinceramente mi interessa anche poco. Adesso andiamo avanti, vediamo il 29 come finirà, il nostro obiettivo è restituire serenità a una squadra e a una tifoseria che da troppi anni sta tribolando. Poi vedremo cosa succederà». Qualcuno gli domanda se, con l’acquisto del marchio, può configurarsi l’ipotesi di un danno erariale per l’Ente, ma Falcomatà dimostra di fidarsi ciecamente dei suoi uffici e dei suoi dirigenti: «Se fosse danno erariale non avremmo approvato una delibera di giunta con tutti i pareri tecnici».