Nella prima uscita del 2022 i vibonesi hanno giocato contro gli emiliani indossando la Ffp2, nonostante non vi fosse alcun regolamento che ne prevedesse l’utilizzo né tantomeno una determinazione dell’Asl
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L’emergenza pandemia oltre a stravolgere molte abitudini della vita quotidiana sta sostanzialmente cambiando anche il mondo dello sport. Il calcio italiano, ad esempio, in queste ore è alle prese con alcune decisioni per limitare il costante aumento dei contagi nei gruppi squadra. Una situazione che si è aggravata soprattutto con la diffusione della variante Omicron e che ieri ha portato a un vero e proprio aut aut tra Mario Draghi e Gabriele Gravina.
Il premier ha infatti telefonato il numero uno della Figc, chiedendo di attuare nuove misure per limitare i contagi nel mondo del calcio, valutando se necessario lo stop dei campionati o, in alternativa, ritornare a disputare le partite a porte chiuse.
Il Covid ha indubbiamente condizionato anche lo sport sia nello spettacolo che nella sua simbologia. Stadi e palazzetti, vuoti o dalla capienza limitata e l’abolizione della stretta di mano tra gli atleti, sostituita dai saluti tramite gomitata, o dal più diffuso pugno contro punto, sono alcuni degli elementi che hanno caratterizzato questo biennio di pandemia.
Il prossimo passo per poter contrastare la diffusione del virus, cercando un ritorno alla normalità è arrivato nella prima uscita del 2022 della Tonno Callipo Vibo Valentia. Nel recupero di serie A1 maschile di volley, alcuni giocatori della formazione vibonese, sono scesi in campo contro la Leo Shoes Modena indossando la mascherina protettiva Ffp2. Una prima storica volta in Italia che potrebbe rappresentare una nuova frontiera dello sport in epoca di Covid.
Tra i giocatori che hanno fatto questa scelta Saitta, Nelli, Borges, Gargiulo, Flavio e Nishida. Gli atleti hanno indossato la protezione contro il Covid non solo nei 'momenti morti' del match ma anche durante il riscaldamento e soprattutto a partita in corso. Lo hanno fatto nonostante non vi fosse alcun regolamento che ne prevedesse l’utilizzo o una determinazione dell’Asl, ma semplicemente come ulteriore tentativo per fermare il contagio tra i giocatori, che ha causato numerosi rinvii anche nel massimo campionato italiano di Pallavolo.