Ciccio Cosenza, ex calciatore e simbolo della Reggina, ripercorre con emozione la sua lunga carriera, che lo ha visto crescere nelle giovanili fino a realizzare il sogno di indossare la maglia amaranto in Serie A. Nonostante abbia conseguito l’abilitazione per diventare direttore sportivo, Cosenza ha scelto di continuare a giocare, spinto dalla stessa passione che lo ha contraddistinto per tutta la sua carriera. Tra ricordi indelebili e momenti emozionanti, l’ex difensore racconta il suo forte legame con la Reggina e guarda al futuro del calcio, condividendo i progetti che lo attendono. Parla anche del ruolo fondamentale di Nino Barillà, capitano della Reggina, la cui leadership e dedizione incarnano perfettamente il valore di questa squadra, simbolo di continuità e passione per la città di Reggio Calabria.

A che punto siamo con l’ultimo ballo a Reggio Calabria?
«Quando si è costituita la società, io e Barillà siamo stati i primi ad essere chiamati. Nino è stato chiamato subito, poi sono stato chiamato anch'io. Purtroppo, però, non c'erano le condizioni per tornare. Avrei voluto farlo, soprattutto per dare una mano a livello di spogliatoio, mettendo a disposizione la mia esperienza e il mio carisma. Ma loro avevano bisogno di un giocatore già pronto e io non giocavo da un anno. Quindi, non è stato possibile. Tuttavia, il legame affettivo con la piazza è rimasto forte».

Come ha vissuto la sua carriera a Reggio Calabria, dalle giovanili alla Serie A?
«La mia carriera a Reggio è stata speciale. A 13 anni mi sono spostato, anticipando i tempi, e sono cresciuto lì. È stato il mio sogno giocare in Serie A con la maglia amaranto e ce l'ho fatta, anche se non è stato facile. Ho avuto l'onore di allenarmi con calciatori importanti. Sono orgoglioso di quel percorso. La Serie A di quegli anni era diversa, con calciatori di grande livello, e il calcio era più intenso».

Come ricorda il suo esordio in Serie A?
«Il debutto è stato contro l'Inter, nel 2001. Abbiamo perso 3-2, ma è stato un bel esordio davanti a 30.000 spettatori e un Granillo impazzito. Purtroppo, pochi giorni dopo, mio padre è venuto a mancare, quindi non ho potuto godermi appieno il momento. Quella perdita mi ha segnato, ma resta comunque un ricordo positivo».

Ha acquisito l’abilitazione al ruolo di direttore sportivo, ma sta ancora giocando. Come si sente al riguardo?
«Ho ottenuto l'abilitazione da direttore sportivo, ma per ora ho deciso di non esercitarla e di continuare a giocare. Sto dando una mano a una squadra di calcio di eccellenza che non stava passando un periodo facile. Mi sto divertendo, ma allo stesso tempo sto guardando avanti, pensando a come gestire al meglio la prossima stagione e a cosa riserverà il futuro».

Che idea si è fatto del girone I e delle squadre in Serie D?
«Il girone I è davvero competitivo, soprattutto per l'ambiente che si respira nelle varie piazze. Ci sono squadre ben attrezzate che potrebbero tranquillamente competere in categorie superiori, come il Siracusa, che è un avversario molto temibile. Però, è un campionato affascinante, che regala emozioni. Vedere la Reggina in queste condizioni mi dà molta speranza per il futuro. Ci sono giovani talenti, come Girasole, che mi piacciono particolarmente. Credo che la Reggina abbia il potenziale per vincere nel lungo periodo, ma il Siracusa resta comunque una squadra molto solida e difficile da affrontare».

La Reggina ha cambiato allenatore, affidandosi a Bruno Trocini. Quanto è importante avere un tecnico con grandi qualità umane in queste categorie?
«Avere un allenatore come Trocini fa la differenza. È un mister che sa entrare nel cuore dei calciatori, e questo è fondamentale. Le idee calcistiche sono importanti, ma se un allenatore non riesce a entrare in sintonia con la squadra, è difficile andare avanti. La Reggina ha avuto la fortuna di avere un allenatore che ha dato un'impronta importante e i risultati lo dimostrano».

Cosa pensa della sconfitta contro il Siracusa?
«È un peccato, perché la squadra ha giocato bene e avevamo un grande pubblico a supporto. Purtroppo, quando ti trovi di fronte a una squadra ben attrezzata, basta un'occasione per farti male, e così è stato. Non era una partita che decideva la leadership del girone, ma sicuramente ha dato loro maggiore consapevolezza. La Reggina non deve abbassare la guardia e deve mantenere alta l'intensità in ogni partita».

Che messaggio vuole dare ai tifosi della Reggina?
«I tifosi della Reggina sono eccezionali. Hanno sempre sofferto, ma nonostante tutto, sono sempre legati ai colori amaranto. Si meritano il meglio e sono sicuro che avranno soddisfazioni. La squadra ha bisogno del loro supporto. Quando hai fiducia, tutto diventa più facile. I tifosi della Reggina sono al top in Italia e questo fa capire quanto amore c'è per questa squadra».

Quali ricordi ha della sua esperienza nelle giovanili alla Reggina?
«La Reggina è stata la mia vita, la mia adolescenza. Ho vissuto lì, cresciuto con i ragazzi del convitto, e mi ricordo quanto fosse forte la passione. Passavo da raccattapalle a essere in panchina, e poi a giocare in campo. Quei ricordi mi emozionano ancora oggi, e cerco di trasmetterli ai giovani che incontro nei settori giovanili. L'importante non è il contratto, ma divertirsi e mettere passione in ciò che fai».

Quali sono i suoi progetti per il futuro?
«Voglio fare le cose per bene. Sto ancora giocando, ma ho ambizione di affiancare un direttore sportivo in futuro. Voglio imparare, perché fare il direttore sportivo è un'altra cosa. Bisogna essere credibili, onesti, saper mantenere la parola data. E voglio continuare a seguire le mie passioni, come i tatuaggi, che faccio da 7 anni. Per il futuro, mi piacerebbe fare qualcosa di grande, anche come direttore sportivo, se non fosse a Reggio Calabria, magari con un altro club».

Visto il suo legame con Reggio Calabria, chissà, magari un giorno potrebbe affiancare il capitano e oramai ds Barillà? Un bel tandem, no?
«Beh, Nino è chiaramente il candidato numero uno. Ha tutte le carte in regola per meritarsi questo incarico, senza dubbio. Però, non si sa mai, magari potrebbe anche nascere una bella occasione, soprattutto in un ambiente che conosco così bene. Nino, con la sua esperienza e il suo valore umano, merita davvero tutto il rispetto per quello che ha fatto a Reggio. È un capitano che ha scritto una storia che parla da sola. Sta davvero dimostrando un valore umano e professionale che non si discute, dentro e fuori dal campo. Ha calcato tanti terreni e incarna esattamente quel tipo di calciatore e uomo che apprezzo. La fortuna della Reggina è stata quella di averlo portato lì».

Ciccio Cosenza, con il suo percorso da calciatore e la sua profonda connessione con la Reggina, rappresenta un simbolo di tenacia e amore per i tifosi amaranto. Nonostante la sua carriera in campo sia stata ricca di successi, il legame con il calcio non finisce qui. Con l’abilitazione da direttore sportivo e il desiderio di continuare a giocare, Cosenza guarda avanti con ambizione, pronto a scrivere nuovi capitoli della sua storia. Il futuro gli riserva ancora tante opportunità, sia dentro che fuori dal campo.