Originario di Pizzo, il 38enne che vive tra Milano e Londra punta sulla sperimentazione: «Voglio rappresentare la mia generazione, impotente verso le grandi sfide di questo tempo»
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Giuseppe Lo Schiavo ha vinto la 23ª edizione del Premio Cairo per l’arte contemporanea con la sua opera "Self Neural Portrait". L'annuncio è stato fatto ieri sera dall'editore Urbano Cairo durante la cerimonia di premiazione al Palazzo della Permanente di Milano ed è ospitato oggi sulla prima pagina del Corriere della Sera. Lo Schiavo è stato premiato per il suo lavoro complesso e rigoroso, che rappresenta un punto di incontro tra pratica artistica e conoscenza scientifica. L'artista, 38 anni, originario di Pizzo e laureato in architettura a Roma, vive tra Milano e Londra. Le sue opere sono note per la sperimentazione con la fotografia sintetica, creando paesaggi sognanti e iperrealistici.
Il Premio Cairo è una competizione tra venti giovani artisti selezionati dalla redazione del mensile "Arte", diretto da Michele Bonuomo.
"Self Neural Portrait" rappresenta un mondo artificiale e naturale visto da una finestra, simbolo di uno stato d’animo interiore. Lo Schiavo spiega che ha scelto di dipingere da una finestra perché suo padre era un serramentista e lui è un architetto. La finestra immaginata è quella del Palazzo di Kyoto, dove è stato firmato il celebre protocollo, che secondo l'artista ha perso significato nel tempo.
L'opera è anche un ritratto personale e generazionale. «L’obiettivo che mi sono posto – spiega Lo Schiavo al Corriere della Sera – è inquadrare la nostra generazione. Io ho 38 anni. La nostra generazione sembra impossibilitata di fronte alle grandi sfide come la guerra, la pandemia, il cambiamento climatico. Noi non possiamo fare niente, solo guardare e credo che la mia opera stia a significare questo. L’arte cerca di raccontare, ma non può fare di più. Oggi abbiamo un riverbero di informazioni, ma non riusciamo a gestire la nostra strategia per questo facciamo del copying, copiamo».
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Il suo lavoro è realizzato al computer, con fiori perfetti in primo piano e un'onda che arriva da lontano, rappresentando la scelta tra due visioni. In primo piano si nota una boccetta di detersivo con la scritta "Soul wash: il 90% dei batteri vengono cancellati ma risolve solo lo 0,1% dei tuoi problemi". I fiori sono sintetici, creati in 3D con un software di simulazione che si oppone all'Intelligenza Artificiale. Accanto all'opera c'è un pannello con dati neurologici che mostrano le reazioni dell'artista in cinque frequenze diverse davanti al quadro.
Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, presidente della giuria del premio dal 2016, ha sottolineato l'importanza del Premio Cairo per l'arte contemporanea in Italia e del mensile "Arte" che lo promuove. La giuria era composta da noti esperti del settore, tra cui Luca Massimo Barbero, Ilaria Bonacossa, Bruno Corà, Lorenzo Giusti, Gianfranco Maraniello, Renata Cristina Mazzantini e il maestro Emilio Isgrò. Urbano Cairo ha elogiato la qualità dell'allestimento espositivo di quest'anno. Le opere dei venti giovani artisti saranno esposte alla Permanente fino al 20 ottobre, insieme a quelle dei vincitori delle edizioni precedenti.
Le opere dei giovani venti artisti resteranno esposte alla Permanente (con ingresso gratuito) fino al 20 ottobre, unitamente a quelle dei precedenti vincitori: il primo vincitore del Premio Cairo fu Luca Pignatelli, con la Locomotiva, 24 anni fa. In tutte le sue edizioni il premio ha visto passare 430 artisti che «hanno potuto mostrare il loro talento e la loro creatività — ha dichiarato Cairo — Il loro successo è testimoniato dagli oltre 50 artisti che, dopo aver partecipato al premio, hanno avuto la possibilità di esporre le proprie opere alla Biennale di Venezia»: anche quest’anno sono presenti in tre.