Si chiama Caracolo (dall’arabo “Karhara”= girare) e affonda le radici nel periodo in cui l’Italia era soggetta alla dominazione spagnola. «Un’attenta meditazione sulla passione di Cristo, di cui le otto statue portate in processione (il Cristo all’orto, il Cristo alla colonna, l’Ecce Homo, il Cristo carico della croce, il Crocifisso, il Cristo deposto dalla croce, la Vergine Addolorata e San Giovanni) ne rappresentano i momenti significativi» la definisce il parroco don Fabrizio Cotardo. Il rito ha inizio quando le due arciconfraternite cittadine con i propri confratelli vestiti di saio bianco e incappucciati, si incontrano nel punto centrale del paese. Dopo una lunga sfilata il corteo giunge in piazza Mese, su cui si affaccia la sua meta, la chiesa Matrice, centro del culto locale. L’attraversamento della piazza richiede circa un’ora e dà luogo ad una serpentina, scandita e programmata, alla quale prendono parte, preceduti dalla banda, statue, fedeli, confratelli, aste, stendardi, croci e pennoni. Dopo l’ingresso in chiesa il corteo si ricompone in piazza, riattraversa una parte del paese e, arrivato in via Vincenzo Niutta si divide formando i due gruppi che all’inizio lo avevano composto, ognuno dei quali fa rientro nella propria confraternita.

 

Ilario Balì