«È vietato voltarsi indietro e ricordare»: dice così una strofa di “Raduni ovali”, brano con cui Max Gazzè apre il primo dei due concerti ferragostani di Corigliano-Rossano. E, per chi sa, sembra quasi un monito a lasciarsi alle spalle le polemiche che nei giorni scorsi hanno tenuto banco a seguito del trasloco del palco dalla rituale e a tratti sacra piazza Steri alla meno suggestiva ma sicuramente più confortevole piazza Gaetano Noce. Forse non basterà questo a quietare definitivamente i mugugni e magari neanche il fatto che lo spettacolo (e con Gazzè c’erano pochi dubbi) sia perfettamente riuscito. Ma a luci spente e musica finita restano, soprattutto, due cose: i numeri (circa 4.500 persone dicono dal servizio d’ordine) e l’allegria della festa che ci si porta dietro ancora per un po’, prima che la routine del dopo ferie si riprenda la scena.

Due giorni dopo le canzoni sono ancora lì: «nella testa (uh uh uh uh uh uh uh uh…)». Max Gazzè a Corigliano-Rossano è stato un po’ come quel dolce che ti concedi facendo uno strappo alla dieta, che ti togli la voglia ma poi finisce che ne vuoi ancora (con buona pace della dieta). E così ci si sveglia in un sedici agosto che con gentilezza accompagna alla porta l’estate e ci si ritrova a cantare come se lui fosse ancora lì a pochi metri.

Imposta o meno, la scelta di spostare la location alla fine non scontenta, non lascia l’amaro in bocca e arriva a convincere anche alcuni scettici della prima ora che alla notizia avevano avuto una reazione di cuore – del tutto comprensibile – prima ancora che di testa. Il resto lo fanno Gazzè e la sua band, mettendo in piedi uno spettacolo che tiene tutti incollati per due ore piene. Incollati, s’intende, con gli occhi e con le orecchie: perché invece i piedi si muovono, sempre più liberamente man mano che anche l’impaccio iniziale si scioglie nella frenesia della festa. Perché questo è, alla fine: una grande festa di una comunità che piano piano si riprende i suoi spazi, riacquista un pizzico di quella disinvoltura perduta ma mai dimenticata, riassapora la gioia dello stare insieme.

E tanto meglio se sul palco c’è uno come Max Gazzè, cantautore tra i più originali, che da appassionato di motori sa come mettere in moto tutto questo e quando e come premere sull’acceleratore. Sotto la luna di una vigilia di ferragosto dal clima perfetto si alternano successi recenti e meno, figli degli anni Duemila come “Il farmacista”, “Sotto casa”, “La vita com’è” e “Il solito sesso” e vecchie glorie dei Novanta cantate a squarciagola e anche con un pizzico di commozione da chi quegli anni lì se li ricorda bene. E allora ecco “Cara Valentina” e “L’amore pensato” che portano dritte a “La favola di Adamo ed Eva”, quando il pubblico s’infervora cantando: «Chiedo venia, trovo un po’ esagerato pagare tre volte un litro di benzina». C’è anche questo nella gioia della festa: la vita che scorre, inquietudini presenti e «solitudini passate».

Due ore fluiscono senza che il pubblico dia segni di stanchezza. Le mani volteggiano in aria quasi a voler affermare il fatto di esserci, gambe e fianchi si agitano mossi dal ritmo che rimbalza da una parte all’altra del palco, in un momento in cui i testi lasciano spazio solo agli strumenti e al loro suono che monopolizza il centro storico, rendendo palese anche a orecchie poco inclini il talento di musicisti che questo spettacolo lo hanno costruito nota dopo nota. Ci sono Daniele Fiaschi alla chitarra, Clemente Ferrari alle tastiere, Max Dedo ai fiati, Cristiano Micalizzi alla batteria. E poi, ovviamente, c’è Max Gazzè che con le dita sul basso riesce a fare meraviglie.

Un finale in grande stile sugellato dall’ultimo brano che, in qualche modo, racchiude tutto quello che questo primo tempo del ferragosto di Corigliano-Rossano è stato. Perché tra le ragioni della tradizione e quelle dell’ordine pubblico, alla fine, chi l’ha spuntata è stata lei. Signora indiscussa della serata che, almeno per due ore, è riuscita a relegare le polemiche in un angolo. Vincitrice assoluta che Gazzè celebra con uno dei suoi pezzi più famosi, prima di salutare tutti e partire per una nuova tappa del suo tour. «Quello che la musica può fare» è anche questo.