La Calabria come luogo crocevia di popoli e miti ancestrali, tra mille contraddizioni, tradizioni antiche e speranze per il futuro: è una storia di identità, radici e senso di appartenenza quella che Gioacchino Criaco racconta nel romanzo "Il custode delle parole", presentato nella sua Africo e in libreria con Feltrinelli. La vicenda, ambientata nell'Aspromonte contemporaneo, si concentra su Andrìa, quasi trentenne che ancora non ha capito cosa vuole fare da grande.

La vita di Andrìa però cambia improvvisamente quando salva dalle acque dello Jonio Yidir, giovane migrante in arrivo dalla Libia. Grazie a lui, che inizia a lavorare per il nonno pastore come suo aiutante, Andrìa riscopre di appartenere al luogo in cui è nato. A quella terra selvaggia e bellissima il ragazzo decide infatti di riavvicinarsi senza più paura, scoprendo la storia profonda di molti popoli le cui culture hanno stretto un legame inscindibile.

«C’è la descrizione di tutto il nostro mondo che sta a Sud – ha spiegato l’autore - che parte da una storia minima in un piccolo villaggio e che coinvolge il mondo. Il libro è l’affresco dei due mondi in cui noi viviamo: l’Oriente che sopravvive con la cultura greca e l’Occidente che tende ad omologarci e ad inglobarci. Recuperare le parole giuste significa resistere ad una modernizzazione che non ci rende pienamente felici. L’idea – ha proseguito - nasce banalmente dalla riscoperta della lingua greca. Africo nella sua collocazione naturale fa parte dell’area grecanica. Stranamente non sapevo dell’esistenza di questa lingua e l’ho scoperta in età avanzata. Mi ci sono tuffato dentro perché penso che possa strumento per avere piena consapevolezza della nostra cultura. Si parla di emigrazione, del lavoro, dell’ambiente ma soprattutto dell’aver cura del luogo a cui apparteniamo. E il li libro – ha concluso Criaco - è un appello a recuperare quel rapporto d’amore perduto con la Calabria».